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Giugno a Roma. Appuntamento con la tradizione (di ieri e di oggi)

Oltre che dei suoi monumenti, dei suoi palazzi e delle sue chiese, una città è fatta anche dei riflessi delle sue storie e della vita che la attraversa. Una vita che, a Roma, è sempre stata scandita da riti, feste, ricorrenze, anniversari, celebrazioni: un fitto calendario di appuntamenti fissi che, con il loro carico di tradizioni, rappresentavano un’occasione di riflessione, tanto religiosa quanto civile, di incontro, condivisione e divertimento, stagione dopo stagione.

Se alcuni, come si dice, non hanno resistito all’oblio del tempo o hanno perso parte di quel senso di perfetta meraviglia che sapevano regalare ai romani e ai tanti visitatori della città, altri godono ancora oggi di ottima salute e si sono persino arricchiti di nuovi elementi. E altri ancora, anche se nati in anni più recenti, sono ormai entrati a pieno titolo tra le “tradizioni” moderne e contemporanee della città.

Così, per vivere appieno Roma e sentirsi dentro la sua storia, mese per mese vi raccontiamo alcuni dei giorni e dei momenti speciali della città, di oggi e di ieri, gli appuntamenti più sentiti o attesi, o anche semplicemente più curiosi.

 

Festa della Repubblica, 2 giugno 

Il 2 giugno 1946, il referendum indetto a suffragio universale per scegliere la forma istituzionale dello Stato segnò la nascita della Repubblica italiana. Roma è il cuore delle celebrazioni della Festa della Repubblica: il cerimoniale della manifestazione comprende tradizionalmente la deposizione di una corona d’alloro all’Altare della Patria in omaggio al Milite Ignoto da parte del Presidente della Repubblica Italiana, alla presenza delle massime cariche dello Stato, e una parata militare lungo via dei Fori Imperiali. Tra gli appuntamenti più attesi, lo spettacolare passaggio nei cieli delle Frecce Tricolori e l’apertura gratuita al pubblico dei Giardini del Quirinale. Al Palazzo del Quirinale viene anche effettuato in forma solenne il Cambio della Guardia con il Reggimento Corazzieri e la Fanfara del IV Reggimento Carabinieri a cavallo in alta uniforme: un rito svolto solamente in altre due occasioni, durante le celebrazioni della Festa del Tricolore (7 gennaio) e della Giornata dell’Unità Nazionale e delle Forze Armate (4 novembre). 

Sant’Antonio e il Trionfo delle fragole, 13 giugno 

Oggi si possono trovare quasi in ogni periodo dell’anno ma le fragole, di loro, spunterebbero alla fine della primavera. Così, il loro primo apparire forniva un tempo il pretesto per una delle tante celebrazioni che allietavano i romani. Il 13 giugno, in occasione della festa di Sant’Antonio da Padova, i “fragolari” e le “fragolare” di Roma e dintorni si davano appuntamento a Campo de’ Fiori, ognuno con il proprio cesto di fragole. Disposte in un enorme canestro o su carretti, le fragole venivano portate quindi in processione insieme alla statua del santo. L’allegro corteo si snodava lungo le vie più affollate del centro, accompagnato dal suono dei tamburelli, da canti e stornelli come “Salutamo cor fischietto, Sant’Antonio benedetto, trullallero trullallà, tutti quanti a sfravola’”. A Roma la tradizione del Trionfo delle fragole si è interrotta nel 1870 ma è stata raccolta dal borgo di Nemi. Qui, dal 1922, nella prima domenica di giugno la Sagra delle fragole celebra ancora oggi questo dolce e famosissimo frutto di stagione. E tuttora le fragole vengono portate in corteo bagnate di vino fragolino…   

Quinquatrus Minusculae, dal 13 al 15 giugno

Dedicate a Minerva, le celebrazioni delle Quinquatrie che nella Roma antica si svolgevano in corrispondenza delle idi di giugno erano chiamate minuscole o minori per distinguerle dalle più sfarzose Quinquatrus Maiores, festeggiate dal 19 al 23 marzo, durante le quali le corporazioni di artigiani e professionisti rendevano omaggio alla dea nel giorno che si riteneva fosse quello della sua nascita. Dea della guerra giusta, della saggezza, della creatività e delle arti utili, Minerva apparteneva all’élite del pantheon romano e la sua statua era venerata in una delle celle del tempio di Giove sul Campidoglio. Alla dea era attribuita l’invenzione dei numeri, del telaio, del carro e di svariate altre cose, tra cui il flauto a doppia canna. Ed era proprio la corporazione dei suonatori di flauto o tibicini la protagonista delle Quinquatrus Minuscolae. Si racconta che la celebrazione fosse stata istituita nel 311 a.C., quando i censori in carica avevano vietato ai flautisti il loro abituale pasto sacro nel tempio di Giove. I flautisti avevano allora lasciato indignati la città, rifugiandosi a Tivoli: la loro presenza era però necessaria in tutte le cerimonie religiose della città. Fallite le vie della diplomazia, si decise infine di ricorrere a un colpo di mano: i flautisti furono fatti ubriacare con l’inganno e caricati su un carro che da Tivoli li riportò a Roma, entrando in città dalla Porta Esquilina. Per suggellare la ritrovata armonia, ai suonatori di flauto fu concesso tra l’altro di rendere onore a Minerva con una festa tutta loro: da quel giorno ogni anno, dal 13 al 15 giugno, i flautisti attraversavano la città con indosso maschere e lunghe stole femminili raggiungendo in processione il tempio della dea.

San Giovanni e le streghe, 24 giugno

È l’unico santo di cui si celebra non solo il giorno del martirio ma anche quello della nascita, il 24 giugno appunto, e la sua festa fu per secoli un affascinante intreccio di sacro e profano, religione e superstizione. Per la tradizione popolare, infatti, nella notte della vigilia a Roma le streghe si davano appuntamento proprio nei pressi della basilica dedicata al santo, chiamate a raccolta dai fantasmi di Erodiade e Salomè, per fare incetta di anime. Come allontanare gli spiriti del male? Al lume di torce e lanterne, i romani arrivavano in massa al Laterano per pregare il santo ma l’atmosfera che si respirava non era certo di religioso raccoglimento. Anzi, per tutta la notte sulla piazza regnavano chiasso, tumulto e allegria sfrenata. Per una buona ragione: il frastuono, condito da trombe, trombette, campanacci, tamburelli e petardi di ogni tipo, era necessario per impaurire le streghe e impedire loro di raccogliere le erbe da usare negli incantesimi. E naturalmente, poi, si beveva e si mangiava a profusione: il vino dei Castelli serviva a digerire i gran pentoloni di lumache al sugo, portate da casa o cotte sul posto, un piatto dal forte sapore allegorico. Le corna delle lumache simboleggiavano infatti discordia e preoccupazioni: seppellirle nello stomaco significava distruggere le avversità e riconciliarsi con il mondo. All’alba, dopo lo sparo del cannone da Castel Sant’Angelo che segnava la fine della baldoria, il papa si recava a San Giovanni per celebrare la messa, e dalla loggia della basilica gettava monete d’oro e d’argento che tornavano a far scatenare la folla. Dagli inizi del Novecento, la festa assunse caratteri più borghesi e cominciò a perdere progressivamente la sua antica importanza: rivive però ancora oggi in alcune manifestazioni organizzate per l’occasione.

Santi Pietro e Paolo, 29 giugno

La storia racconta che il loro ultimo saluto avvenne a Roma, a qualche centinaio di metri da dove oggi sorge la Basilica di San Paolo fuori le Mura, poco prima di subire il martirio, Pietro crocefisso a testa in giù presso il circo di Caligola in Vaticano, Paolo decapitato alle Acque Salvie all’Ostiense. Patroni della città e fondatori della nuova Roma cristiana, i due santi hanno sempre avuto un significato molto importante per la Capitale e la loro festa, tra le più antiche dell’anno liturgico, era particolarmente ricca e scenografica. Culmine di tutti i riti religiosi fu per secoli il dono della Chinea, il cavallo bianchissimo offerto al papa dal re delle due Sicilie. Il cavallo, abilmente ammaestrato, partiva con un corteo di patrizi, ambasciatori e prelati da palazzo Colonna in piazza Santi Apostoli e arrivava in San Pietro dove si inginocchiava davanti al pontefice. La sera finiva in gloria con la “Girandola di Castel Sant’Angelo”, una grande pioggia di fuoco colorato, ideata da Michelangelo e perfezionata da Bernini, raccontata da Charles Dickens, dai sonetti del Belli e dalle stampe del Piranesi. L’usanza fu sospesa nel 1861 ma è stata recuperata nel 2006 e riproposta negli anni successivi a Castel Sant’Angelo e sulle Terrazze del Pincio. Tra i riti celebrati ancora oggi ci sono poi quello del “pallio”, la stola di lana bianca che il pontefice dà ad alcuni vescovi come simbolo dell’unione tra la chiesa universale e quella locale, e il bacio del piede della statua di bronzo di San Pietro, adornata per l’occasione con il “piviale” rosso, un paramento sacro a forma di mantello. I festeggiamenti si concludono all’imbrunire con la processione che accompagna la catena di San Paolo, una reliquia composta da 14 anelli di ferro conservata presso la basilica ostiense. Una lunghissima tradizione alle spalle ha anche l’infiorata storica in via della Conciliazione, con quadri naturali fatti di fiori composti da oltre mille maestri fiorai.

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