Una chiesa piccola ma ricca di storia in un vicolo abbastanza stretto da passare inosservato: a pochi passi da via del Corso, girovagando tra le stradine meno frequentate del Rione Campo Marzio la vista è attratta da un bel campanile romanico con trifore, colonnine di marmo e dischi di ceramica colorata. È ciò che resta di un antico luogo di culto della Roma medievale, dedicato inizialmente a santa Cecilia perché edificato, secondo la tradizione, sui resti della casa paterna della martire romana o di un luogo nel quale la santa era solita ritirarsi in preghiera. Così racconta infatti l’iscrizione del 1131 ritrovata all’inizio del Seicento sotto l’altare maggiore della chiesa: “Haec est domus in qua orabat Sancta Caecilia”, “Questa è la casa nella quale pregava Santa Cecilia”.
Nel 1525 papa Clemente VII concesse la chiesa alla Confraternita dei Materazzari, che aggiunsero all’antico titolo quello di san Biagio, loro protettore. Nel 1729, sotto il pontificato di Benedetto XIII, la chiesa fu completamente ricostruita su progetto di Filippo Raguzzini, uno dei più originali interpreti del Rococò romano, autore tra l’altro della chiesa della Madonna della Quercia su incarico di un’altra Confraternita, quella dei Macellai. Nel 1802, vista la grande devozione dei romani per la Madonna del Divino Amore venerata nel santuario sulla via Ardeatina, Pio VII affidò la chiesa alla Confraternita del Divino Amore, da cui derivano i nomi attuali della chiesa e del vicolo. Nel 1944, per timore che venisse distrutta dalle bombe, l’icona fu trasferita proprio nella chiesetta, prima di essere temporaneamente spostata nella vicina San Lorenzo in Lucina e poi a Sant’Ignazio per l’enorme afflusso di fedeli.
Dal vicolo, la chiesa si presenta con la semplice facciata a due ordini progettata nel Settecento da Filippo Raguzzini: quattro lesene fiancheggiano un unico grande portale centrale e sostengono una trabeazione con una semplice iscrizione dedicatoria sul fregio: “Deiparae Virgini divini amoris dicatum”. Un timpano triangolare con oculo centrale, sormontato da una croce, conclude la facciata. L’interno della chiesa è a navata unica, con volta a botte, affrescata nell’Ottocento.
Una curiosità: in una delle case del vicolo, al civico 19, visse tra 1604 e il 1605 il grande pittore Caravaggio: una casa-bottega condivisa con Francesco Boneri, meglio conosciuto con il soprannome di Cecco del Caravaggio, allievo, compagno di avventure e modello di tanti dipinti del maestro.
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Informazioni
Aperta solo in occasione delle funzioni religiose
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