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Vicolo dell’Atleta e l’antica sinagoga

È uno di quei pittoreschi vicoli del Rione Trastevere dove il tempo sembra essersi quasi fermato. Il suo nome moderno deriva dal sorprendente ritrovamento, nel 1849, di una statua quasi completamente integra: l’“Apoxyomenos” (in greco “colui che si deterge”), un giovane atleta intento a detergersi il braccio con una sorta di cucchiaio ricurvo, lo strigile. Con un po’ di sabbia e con questo strumento, che poteva essere di bronzo, argento o avorio, gli atleti si pulivano infatti dall’olio che si erano spalmati sulla pelle prima delle gare di lotta, dalla polvere e dal sudore, con un efficace “effetto scrub” ante litteram. Realizzata intorno alla metà del I secolo d.C. e collocata in origine all’ingresso delle Terme di Agrippa, alle spalle del Pantheon, la statua, ora ai Musei Vaticani, è una copia in marmo di uno dei capolavori in bronzo dello scultore greco Lisippo. Si narra che l’imperatore Tiberio l’avesse portata nella sua residenza personale ma l’insistenza del popolo, che la reclamava a gran voce, l’avesse costretto a restituirla. Insieme all’Apoxyomenos, nel vicolo furono rinvenuti anche altri reperti, tra cui parti di statue e di un cavallo in bronzo, anch’esse opere di Lisippo e oggi ai Musei Capitolini. La scoperta fece un certo scalpore e, qualche anno più tardi, dopo l’Unità d’Italia, si decise di ricordare l’evento intitolando il vicolo all’atleta riemerso intatto dal sottosuolo.

Millenni di storia in pochi passi

Fino a quel momento, la piccola e sinuosa viuzza si chiamava ancora vicolo delle Palme, un nome “antico” che racconta una pagina della storia della comunità ebraica di Roma, presente in città già dal II secolo a.C. È proprio a Trastevere, nella zona tra l’Isola Tiberina, la basilica di Santa Cecilia e la chiesa di San Francesco a Ripa, che vanno ricercate le tracce del suo insediamento in città intorno all’anno Mille. Di questa Giudecca – così nel Medioevo si indicavano i quartieri abitati dagli ebrei – è testimone anche la toponomastica trasteverina del tempo, tra cui figuravano per esempio la via “de corte Judei” e il “pons Judaeorum”, ovvero il Ponte Fabricio. Chi si inoltri nel vicolo, troverà poi ad attenderlo una bella casa medievale, l’unica delle sette sinagoghe costruite nel Rione di cui sia rimasta traccia. Su una colonna di questo piccolo gioiello in mattoni, con loggia ad arcate e cornice ad archi, sono ancora visibili alcuni caratteri ebraici che vanno letti come “Nathan Chay”. Era stato infatti il lessicografo Nathan ben Yehiel, appartenente a una delle famiglie ebraiche romane più in vista, a fondare la sinagoga alla fine dell’XI secolo. All’interno dell’edificio si trovano ancora i resti dell’antico Mikweh, la vasca per il bagno rituale, e a un livello ancora più basso scorre una vena d’acqua, accessibile tramite un pozzo. Quanto alle palme che davano il nome al vicolo, erano state portate qui dalla comunità: rappresentate sulla porta del Tempio di Salomone, sono una delle piante della tradizione giudaica e simboleggiano la lealtà verso Dio.

Trastevere ebraica

Due secoli dopo, la sinagoga andò distrutta per un grave incendio. Nel frattempo, la comunità aveva però gradualmente cominciato a trasferirsi sulla riva sinistra del Tevere, nel Rione Sant’Angelo dove, nel 1555, con l’istituzione del Ghetto su ordine di papa Paolo IV fu decretata la reclusione degli ebrei romani in uno spazio isolato dai cittadini cristiani. In tempi moderni la comunità ebraica ha in qualche modo recuperato le antiche radici romane riappropriandosi di alcuni spazi. Poco oltre l’antica sinagoga di vicolo dell’Atleta, in direzione del Tevere, un edificio a torre in via dell’Arco de’ Tolomei ospita per esempio il Pitigliani Centro Ebraico Italiano, impegnato a diffondere la conoscenza della cultura e delle tradizioni ebraiche. Sul lungotevere Sanzio, si trovano le scuole materne, elementari e medie, la sede del Collegio Rabbinico Italiano e il Corso Sperimentale di laurea in Studi Ebraici; poco più avanti, si incontra l’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e sotto i portici, poco dopo piazza Trilussa, il Centro Bibliografico “Tullia Zevi”, con un ricco patrimonio di libri rari, manoscritti e pergamene, e uno splendido affresco di Emanuele Luzzati che raffigura i segni dello Zodiaco.

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