C’è un lungo filo rosso “dantesco” che attraversa l’Italia: se il viaggio oltremondano di Dante è anche uno straordinario tour on the road tra borghi, città d’arte e paesaggi, una delle tappe non può che essere Roma, la città dei due soli “che ‘l buon mondo feo”. Anzi, Roma è proprio la prima città nominata nella Divina Commedia, quando Virgilio si presenta al poeta nel I canto dell’Inferno.
Dal colle di Monte Mario, che offriva a chi veniva da nord la prima visione sulla città, al Ponte di Castel Sant’Angelo, sono 18 i riferimenti a luoghi, monumenti e simboli di Roma sparsi tra Inferno, Purgatorio e Paradiso. Ma la presenza di Dante e il segno lasciato dalla sua fama si avvertono anche nell’arte e nella cultura dei secoli successivi, attraverso una serie di doverosi omaggi che la città ha reso al poeta. Venite con noi alla scoperta di sette “luoghi danteschi” per celebrare la memoria e l’eredità del padre della lingua italiana.
#1 Ponte Sant’Angelo
Le statue degli angeli che oggi ne sono il simbolo, scolpite da allievi del Bernini su suoi disegni, furono aggiunte nella seconda metà del Seicento ma la storia del ponte era cominciata all’incirca 1.500 anni prima, all’epoca dell’imperatore Adriano che lo aveva fatto costruire per congiungere il suo Mausoleo all’altro lato del Tevere. Come unico accesso dalla città alla tomba e alla basilica di San Pietro, meta costante della devozione dei fedeli, fu il ponte romano per antonomasia per gran parte del Medioevo, e anche per Dante. Nel XVIII canto dell’Inferno, il procedere in senso opposto di due file di peccatori è così paragonato alla gran folla di pellegrini che durante il Giubileo del 1300 – il primo della storia – si incrociavano proprio sul ponte, gli uni diretti verso San Pietro, gli altri, di ritorno, verso Monte Giordano, una collinetta artificiale dove oggi sorge Palazzo Orsini Taverna: “…come i Roman per l’essercito molto, / l’anno del giubileo, su per lo ponte / hanno a passar la gente modo colto, / che da l’un lato tutti hanno la fronte / verso ’l castello e vanno a Santo Pietro; / da l’altra vanno verso il monte…”. Una descrizione tanto puntuale da aver fatto ipotizzare che tra i circa duecentomila pellegrini che, in media, affollavano la città ogni giorno per garantirsi l’indulgenza plenaria vi fosse anche proprio Dante.
#2 Musei Vaticani, Cortile della Pigna
Che aspetto aveva il gigante Nembrot raccontato da Dante nel XXXI canto dell’Inferno? “La faccia sua mi parea lunga e grossa / come la pina di San Pietro a Roma / e a sua proporzione eran l’altre ossa”: a voler fare due conti, l’inconsueta unità di misura è la colossale pigna di bronzo firmata da un certo Publius Cincius Salvius, alta quasi quattro metri e realizzata tra il I e il II secolo d.C., nella Roma imperiale. La scultura era stata rinvenuta tra le rovine delle Terme di Agrippa, in quella parte della città che già nel 1200 era appunto chiamata “Rione Pigna”, suscitando un certo stupore e dando vita alle leggende più stravaganti, per esempio che avesse contenuto le ceneri dell’imperatore Adriano o che fosse stata il “tappo” dell’oculus del Pantheon. Sappiamo che fin dal XII secolo la pigna era inserita nella fontana per le abluzioni rituali nel quadriportico dell’antica basilica di San Pietro: era quindi una sorta di landmark per i pellegrini in visita a Roma, che si fermavano qui per lavarsi e bere. Nel 1608, mentre la nuova basilica era in costruzione, la pigna venne trasferita nella parte alta del Cortile del Belvedere, per essere poi sistemata un secolo dopo così come ancora oggi l’ammiriamo: nel nicchione del Cortile della Pigna, su un ripiano della scalinata a doppia rampa e sopra un monumentale capitello figurato.
#3 Casa di Dante in Roma
A Roma, scriveva tra il XII e il XIII secolo l’inglese Maestro Gregorio, “sono così numerose le torri da sembrare spighe di grano”. Simbolo di potere e prestigio, baluardo di difesa contro le famiglie rivali, le torri della Roma del medioevo erano in effetti almeno 300 e, insieme ai campanili delle chiese, segnarono per secoli il profilo della città. Non sappiamo dove Dante abitò quando nel settembre 1301 fece parte dell’ambasceria inviata da Firenze al Papa, nell’unica sua visita a Roma sicuramente attestata, ma il Palazzetto degli Anguillara rappresenta un frammento della città che dovette apparire ai suoi occhi. Benché risalga per lo più al XV secolo e abbia subito pesanti restauri alla fine dell’Ottocento, il complesso fortificato costruito dal conte Everso II degli Anguillara inglobava infatti una torre più antica, in posizione strategica sul Tevere di fronte all’Isola Tiberina. Passato di mano più volte e usato brevemente anche come fabbrica di smalti e vernici, nel 1887 l’edificio fu espropriato dal Comune di Roma. Con una scelta felice, nel 1920 venne affidato alla Casa di Dante, l’ente nato nel 1914 per promuovere lo studio e la divulgazione dell’opera di Dante, che ne ha conservato fino a oggi la gestione, svolgendo attività di ricerca, organizzando conferenze, mostre e manifestazioni. Un tesoro per gli appassionati del Sommo Poeta.
#4 Musei Vaticani, Stanze di Raffaello
Non molto alto, con il volto lungo, il naso pronunciato e un’aria malinconica e pensosa: così Giovanni Boccaccio, che di Dante e della sua opera era appassionato cultore, descrive il poeta alla metà del Trecento. La fama di Dante crebbe così rapidamente da far moltiplicare però i suoi ritratti anche in pittura: il più antico è attribuito a Giotto e alla sua bottega, anche se l’immagine più nota è forse quella realizzata più di un secolo dopo da Sandro Botticelli. E a Roma? Nei primi anni del Cinquecento un pittore “divino” fa la sua comparsa in città, chiamato da papa Giulio II per affrescare i suoi appartamenti. Il ciclo di pitture che decorano la Stanza della Segnatura ne decreta il trionfo e lo rende l’artista più ricercato, in lizza solo con Michelangelo. È proprio in questa stanza che Raffaello Sanzio dipinge ben due ritratti a fresco di Dante. Il profilo del poeta, con il caratteristico naso aquilino e il capo coronato di alloro, compare infatti nella parte inferiore della Disputa del Sacramento, in compagnia di teologi, dottori della Chiesa e pontefici. E lo ritroviamo una seconda volta tra i poeti epici raffigurati nella scena con il Parnaso, con una veste panneggiata e un volume in mano, seminascosto dal braccio di Omero. Pochi tratti sicuri ed eleganti che ci restituiscono l’austera grandezza del poeta per eccellenza.
#5 Casino Massimo Lancellotti
Inferno, purgatorio e paradiso in una stanza: quando ai primi dell’Ottocento il marchese Carlo Massimo acquista l’elegante casino seicentesco non distante da San Giovanni in Laterano, affida la decorazione di tre sale a un gruppetto di artisti insofferenti al classicismo accademico, che si erano trasferiti a Roma portando con sé una ventata di Romanticismo alla tedesca e una certa stravaganza “biblica” nello stile di vita e nelle capigliature. Per lui, i Nazareni traducono in immagini l’Orlando Furioso, la Gerusalemme liberata e, appunto, la Divina Commedia. Nella Stanza di Dante, Philip Veit dipinge sul soffitto il Paradiso, raccontato con tratti nitidi e colori luminosi. Ma a catturare maggiormente l’attenzione sono le scene affrescate da Joseph Anton Koch, di cui le cronache raccontano la passione per il poema dantesco: le immagini del Purgatorio e, soprattutto, la grande parete dedicata all’Inferno, dominata dalla gigantesca figura di Minosse. Tutto intorno, sotto lo sguardo di Dante e Virgilio in groppa al mostruoso Geriore, si accalcano demoni e dannati più o meno celebri, in un groviglio di corpi nudi in parte poi ritoccati e censurati da Cristina di Sassonia, che ereditò il casino alla morte del cognato. E che, per amore di decenza, cancellò dall’affresco Paolo, lasciando Francesca eternamente sola nella bufera infernale e molto vestita.
#6 Passeggiata del Pincio
A rigor di logica, il monumento al padre della lingua italiana dovrebbe trovarsi nella piazza romana a lui dedicata – piazza Dante, appunto, nata negli anni Venti nel quartiere Esquilino – e in effetti era previsto, ma non venne mai realizzato. Stessa sorte toccò al Danteum, un grande memoriale architettonico progettato nel 1938 da costruirsi lungo via dei Fori Imperiali, all’altezza della Basilica di Massenzio. Per rendere omaggio a Dante all’aria aperta non resta allora che la passeggiata del Pincio, il primo parco pubblico aperto in città. Qui, tra alberi secolari e fontane, ci osservano oltre 200 uomini illustri del nostro passato, che compongono una delle più grandi collezioni di busti commemorativi d’Europa. L’idea era nata negli anni della Repubblica Romana, con l’intento di formare un’identità e una coscienza nazionale: tra i primi 50 busti realizzati, non poteva certo mancare Dante, scolpito tra il 1849 e il 1850 e collocato poi tra viale dell’Orologio e viale degli Ippocastani, in buona compagnia con Giotto, Cola di Rienzo e altri grandi del Medioevo. Vi sembra poca cosa? Ecco cosa scrisse Cesare Pascarella, un’altra delle glorie letterarie della città insieme a Belli e Trilussa: “Ché quelli busti, prima d’esse busti / Sò stati tutti quanti òmini veri / E che òmini! Sopra ar naturale. / Che er monno ce l’invidia e ce l’ammira!”.
#7 Palazzo Besso, Biblioteca
Una storica dimora romana affacciata sull’Area Sacra di largo di Torre Argentina, di cui costituisce un’elegante quinta architettonica. Ingrandito e arricchito dai suoi numerosi proprietari nel corso dei secoli, poi parzialmente demolito a fine Ottocento per l’apertura di corso Vittorio Emanuele II, il palazzo fu infine acquistato nel 1905 da Marco Besso, che vi abitò con la famiglia trasformandolo pochi anni dopo nella sede delle fondazioni intitolate a lui e alla moglie Ernesta. Finanziere, raffinato bibliofilo e scrittore, Marco Besso era però anche un appassionato studioso di Dante: vero cuore della casa, la magnifica biblioteca vanta così una delle più importanti e ricche collezioni di edizioni dantesche al mondo. In un ambiente reso caldo e suggestivo dagli arredi lignei realizzati nel 1907, possiamo trovare rari incunaboli quattrocenteschi, numerose cinquecentine e tante stampe moderne italiane e straniere della Commedia, oltre a opere critiche, repertori bibliografici e riviste. Se non bastasse, guardatevi intorno: l’immagine di Dante è ovunque, nella riproduzione in bronzo e alabastro del monumento a lui dedicato a Trento, nelle effigi in oro sugli schienali delle imponenti poltrone in pelle, nel busto di marmo del poeta e infine nelle copie dell’ampolla per l’olio e della lampada votiva della sua tomba a Ravenna.