Della vita di Lorenzo, martire a Roma il 10 agosto del 258 d.C., si sa poco: le fonti lo indicano come arcidiacono di Papa Sisto II, incaricato tra l’altro di amministrare le offerte fatte alla Chiesa, offerte che distribuirà ai poveri poco prima di essere imprigionato. È la sua morte a consegnarlo alla leggenda: un’antica “passione” racconta che fu bruciato vivo sopra una graticola, un supplizio che ispirerà opere d’arte, testi di pietà e detti popolari per lungo tempo a venire. A Roma, dove la devozione al santo fu da subito particolarmente intensa, oltre trenta furono le chiese a lui dedicate nel corso dei secoli. Delle sette ancora esistenti una è appunto San Lorenzo in Panisperna, che un’antica tradizione vuole sia stata fatta costruire da Costantino, appena 100 anni dopo le persecuzioni ordinate dall’imperatore Valeriano, sul luogo esatto del martirio del diacono.
La sua prima attestazione certa è però di qualche secolo più tardi, nel Liber Pontificalis, dove è elencata tra gli edifici sacri fatti restaurare da papa Adriano I nell’VIII secolo. La chiesa era conosciuta inizialmente come San Lorenzo in Formosa, forse in relazione a papa Formoso. Solo successivamente iniziò a essere chiamata “in Panisperna” e proprio dalla chiesa, e dall’annesso monastero, prese il nome la via, aperta solo nel XVI secolo, che ancora oggi attraversa con un saliscendi scenografico il Rione Monti, arrivando alle spalle della Basilica di Santa Maria Maggiore. Quanto all’etimologia del termine Panisperna, non ci sono certezze: potrebbe derivare da “palis” (spranghe) e “sterno” (distendo), in riferimento al supplizio del santo; dalla parola greca “para” (presso) e da quella derivante dal latino antico “sperno” (confine), a indicare che la chiesa era vicino a un confine tra due proprietà; o ancora, ed è l’interpretazione più suggestiva ma con buona probabilità fantasiosa, da “panis et perna”, il pane e prosciutto che il monastero avrebbe distribuito ai poveri ogni 10 agosto.
Ciò che sappiamo con certezza, invece, è che la chiesa e il monastero nato intorno all’edificio di culto furono testimoni di una storia lunga e affascinante che, tra alti e bassi, si intreccia con quella della città fino all’Ottocento, e per certi versi anche dopo. Dal IX al XIII secolo, il complesso monastico fu occupato dai monaci benedettini. Nel 1308, il cardinale Giacomo Colonna lo acquisì dai canonici del Capitolo Lateranense, ristrutturandolo a sue spese e affidandolo alle monache dell’ordine delle Clarisse: il monastero divenne così uno dei luoghi religiosi più importanti della Roma medievale e in quella occasione la chiesa venne riedificata per essere adattata alle nuove esigenze di clausura, con la riduzione a una sola navata e la realizzazione del coro. La chiesa fu ricostruita una seconda volta tra il 1565 e il 1574, probabilmente su progetto di Francesco da Volterra. Un restauro nel 1757 ha conferito infine alla chiesa l’aspetto odierno.
La semplice facciata della chiesa dà su un silenzioso cortile alberato, chiuso da un muro con un portale, collegato alla strada da due rampe di scale realizzate nel 1893. Anche l’interno è semplice, a una sola navata con tre cappelle per lato. Nel presbiterio, spicca l’enorme affresco eseguito nel 1591 dal pittore manierista Pasquale Cati: la scena del martirio di San Lorenzo è qui raffigurata secondo la consueta e inconfondibile iconografia, con il santo disteso sulla graticola e circondato dai suoi aguzzini. È invece opera del romano Antonio Bicchierai l’affresco settecentesco che gli fa da contrappunto sulla volta, con San Lorenzo in gloria. In una delle cappelle fu sepolto per brevissimo tempo, prima di essere trasportato in Svezia, il corpo di una delle più grandi sante del Medioevo romano: Santa Brigida che, arrivata a Roma per il giubileo del 1350, amava pregare davanti al grande crocifisso ligneo posto sul lato sinistro del presbiterio e, per umiltà, era solita chiedere l’elemosina nei pressi del monastero. Nei sotterranei della chiesa si conserva infine il “forno” con la graticola su cui Lorenzo sarebbe stato ucciso.
Nel 1873, pochi anni dopo la Breccia di Porta Pia e l’unità d’Italia, il complesso monastico fu espropriato e incamerato dal demanio dello Stato. Agli inizi del Novecento, negli spazi esterni del monastero prese vita il “Regio Istituto di Fisica dell’Università di Roma”, sede di quelli che saranno “i ragazzi di via Panisperna”, tra cui Enrico Fermi ed Ettore Majorana, le cui scoperte portarono al reattore nucleare e alla bomba atomica. Oggi, gran parte degli spazi e degli edifici del monastero, il giardino e il chiostro sono inclusi nel vicino Ministero degli Interni e non sono quindi visitabili.
Basilica di San Lorenzo fuori le Mura
Chiesa di San Lorenzo de' Speziali in Miranda (già tempio di Antonino e Faustina)
Chiesa di San Lorenzo in Damaso
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