Albergo della Catena

È uno dei pochi edifici medievali risparmiati dalle demolizioni effettuate tra il Campidoglio e il Foro Boario durante gli anni Venti del Novecento – quando il tessuto urbano di questa parte della città venne stravolto dai lavori per l’apertura della via del Mare e per la rimessa in luce dei monumenti di Roma antica – e per questo motivo appare oggi stranamente isolato e “fuori contesto”.

Costruito fra il XII e il XIV secolo a ridosso del Tempio di Apollo Sosiano, venne adibito a locanda e albergo almeno a partire dal XVI secolo, e la sua clientela era per lo più costituita dai mercanti che portavano a Roma i loro carri di mercanzie dal Lazio e dall’Abbruzzo. Il suo nome deriva dalla catena che chiudeva una vicina stradina, oggi non più esistente: il “vicolo della Catena di Pescheria”, che conduceva al Portico d’Ottavia e alla chiesa di Sant’Angelo in Pescheria. Il toponimo “Pescheria” si riferisce all’allora adiacente mercato del pesce mentre l’uso delle catene serviva un tempo a evitare il passaggio di carri (per esempio in prossimità di ospedali, come nel caso di via dei Fornari), o a indicare, se poste vicino a palazzi nobiliari, la presenza o l’assenza dei proprietari.

L’edificio è formato da tre unità costruite in tempi diversi e comprende un piano parzialmente interrato, dove venivano alloggiati i carri, un piano terreno rialzato e un piano superiore, sede entrambi della vecchia locanda. La parte più vicina al chiostro di Santa Maria in Campitelli sarebbe sorta su una precedente torre altomedioevale mentre in quella centrale si possono ancora vedere i resti di un archetto che scavalcava in origine il vicolo. Elementi decorativi di spoglio inseriti nella muratura e un raffinato balconcino contribuiscono a rendere ancora più suggestivo l’edificio, che nella sua storia più recente è stato anche sede istituzionale della Sovrintendenza Capitolina.