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Sette trucchi a regola d’arte: i magnifici inganni

Trionfo della Divina Provvidenza, Palazzo Barberini

La meraviglia dell’arte o l’arte della meraviglia? Tra trompe-l’œil che fanno magicamente apparire su una superficie dipinta oggetti reali e tridimensionali, immagini che acquistano nuove forme se viste da un particolare punto di osservazione, finte architetture e prospettive illusorie, sono tanti gli esempi di come si possa giocare con lo spazio, amplificandone le dimensioni o modificandone la percezione, e creare composizioni in grado di incantarci ed emozionarci. 

“L’ingegno e il disegno sono l’arte magica attraverso cui si arriva a ingannare la vista in modo da stupire”: così scriveva Gian Lorenzo Bernini, uno dei grandi maestri dell’arte barocca che proprio della “finzione”, della spettacolarizzazione e dell’illusionismo fece la sua bandiera. Noi vi presentiamo sette straordinarie illusioni ottiche di Roma, per farvi scoprire quanto possa essere bello talvolta essere ingannati.

#1 Palazzo Barberini, Trionfo della Divina Provvidenza

Un’opera imponente in un luogo d’eccezione: nel 1639 Pietro da Cortona affresca la volta del salone principale di Palazzo Barberini con un capolavoro di illusione ottica. Il Trionfo della Divina Provvidenza celebra il potere della famiglia Barberini – le cui api dello stemma compaiono al centro del soffitto – dando vita a una miriade di personaggi inseriti in uno spazio dilatato all’infinito, che supera i limiti imposti dall’architettura. Con la sua vorticosa vitalità, il suo ritmo frenetico, il suo scenografico illusionismo, l’opera trasmette una sensazione di vertigine: la pittura sembra straripare dalle cornici in finto marmo che dividono la volta in cinque parti e fa dell’affresco il manifesto del nuovo stile barocco.

#2 Galleria Spada, Colonnata (o Prospettiva)

Realizzata fra il 1652 e il 1653 da Francesco Borromini per il Cardinal Bernardino Spada, appassionato di giochi prospettici e illusioni, è un’opera incredibile che gioca con la vista degli spettatori, ma anche un raffinato monito contro l’illusorietà della vita terrena. Con una serie di accorgimenti prospettici – per esempio il soffitto in discesa, il pavimento lievemente in salita, le pareti convergenti e le colonne laterali che via via si rimpiccioliscono – la colonnata sembra infatti lunga più di 30 metri quando in realtà ne misura poco meno di nove. Ad aumentare l’illusione contribuisce la statuetta posta sul muro di fondo e che diventa il punto di fuga dell’intera architettura: ci sembrerà a grandezza naturale anche se è alta meno di un metro.

#3 Piazza San Pietro, Colonnato

Undici anni di lavoro (1656-1667), più di 40mila metri cubi di travertino trasportati da Tivoli via terra o tirati da cavalli lungo le sponde del fiume: con i suoi portici colonnati, la piazza più famosa al mondo simbolizza l’abbraccio universale della Chiesa, ai fedeli ma anche agli “eretici […] e gl’Infedeli per illuminarli alla vera fede”. Nel progettare il colonnato, Gian Lorenzo Bernini gioca con le illusioni ottiche, ottenendo un risultato scenografico e spettacolare. Chi attraversa la piazza vede le colonne riunirsi e distanziarsi, con una sensazione di movimento e di alternanza tra pieni e vuoti. Guardando il colonnato dal centro della piazza, nel punto indicato da uno dei due dischi di marmo sul selciato che segnano i fuochi dell’ellisse, ci sembrerà invece composto da una sola fila di colonne: le colonne più esterne spariscono dietro quelle della fila interna.

#4 Convento di Trinità dei Monti, refettorio e anamorfosi

Frate, architetto e teorico della prospettiva, Andrea Pozzo affresca nel 1694 il refettorio con le “Nozze di Cana”, con un palazzo dalle cento colonne in trompe l’oeil e una messa in scena teatrale e coinvolgente. I corridoi del convento ospitano invece le “anamorfosi” di Emmanuel Maignan (1601-1676) e di Jean-François Niceron (1613-1646), pittori-scienziati dell’ordine dei Padri Minimi. L’anamorfosi non è altro che un’immagine fortemente distorta, riconoscibile solo da una precisa angolazione. Così, il paesaggio marino dipinto da Maignan e lungo circa sei metri si trasforma, se osservato di scorcio, nell’immensa figura di San Francesco di Paola (il fondatore del convento). Nell’anamorfosi di Niceron, lunga circa venti metri, San Giovanni Evangelista si dissolve a sua volta nel panorama dell’isola greca di Patmos, dove l’apostolo trascorse parte della sua vita. Un cartiglio intrecciato ci ricorda che “citra dolum fallimur”, siamo ingannati ma senza malizia. 

#5 Chiesa di Sant’Ignazio di Loyola, volta e finta cupola

La chiesa ospita due spettacolari illusioni ottiche firmate, anche in questo caso, da Andrea Pozzo. Nel grande affresco della volta con la Gloria di Sant’Ignazio, un gioco di prospettiva trasmette la sensazione di uno spazio infinito e offre ai nostri occhi l’illusione di una seconda chiesa tridimensionale che poggia direttamente su quella reale. E non è finita qui: spostandosi verso l’altare maggiore e fermandosi su un punto preciso del pavimento, una cupola sembrerà svettare imponente. Il soffitto è però in realtà piatto, e la cupola con l’alto tamburo sorretto da colonne è dipinta su una tela di 13 metri mediante la tecnica del trompe-l’œil, si dice per evitare che la chiesa rimanesse incompleta a causa di mancanza di fondi. La pittura originaria, compiuta nel 1685, fu distrutta da un incendio ma fu riprodotta fedelmente nel 1823.

#6 Chiesa di Santa Maria Maddalena in Campo Marzio, Sacrestia

In una piccola chiesa riedificata tra la fine del Seicento e l’inizio del Settecento da vari architetti, tra cui Carlo Fontana e Giuseppe Sardi, una profusione di dipinti, volute e dorature fanno della Sacrestia un esempio unico del “barocchetto romano”, uno stile che segna il passaggio dal barocco al rococò. Come in una grande scenografia teatrale, ogni elemento contribuisce a dare un’illusione di profondità: usando la prospettiva centrale, l’autore costruisce una finta architettura con una volta centrale e due finestre ad arco sui lati, verso cui convergono tutte le linee in un punto di fuga posto dietro un Crocefisso ligneo. Solo due colonne in rilievo emergono dal fondo dipinto rafforzando l’illusione di profondità. Nella parete destra da notare la sequenza alternata di armadi in legno dipinto a finto marmo e finestre trompe-l’œil.

#7 Terme di Diocleziano, Fercoldo

Tra le tante meraviglie delle Terme di Diocleziano, un piccolo capolavoro meno noto è il meraviglioso trompe-l’œil ospitato nel cortile del chiostro di Michelangelo e realizzato nel 1855 da Filippo Balbi, un artista di origine napoletana. Da una finta porta vediamo sbucare un monaco certosino: è Fercoldo, un noto avvocato e giudice francese del Duecento che scelse la vita monastica dopo la morte della moglie. Dipinto a grandezza naturale, ci scruta con sguardo penetrante puntando il dito sul ritratto del figlio, ovvero papa Clemente IV. Attorno a lui, oggetti di assoluta veridicità e utilità quotidiana, un teschio e un crocifisso, una clessidra, un rosario, una candela fumante, pennini e calamaio, tanti libri e un paio di occhiali “pince-nez”. A completare il tutto, un gattino accovacciato che con il muso sollevato contempla il monaco in un ulteriore gioco prospettico di sguardi. 

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