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Le vie del gusto

Fiori di zucca

Roma, la città dei grandi imperatori, grandi pontefici o popolani, descritti dal Belli, città dell’anima per Goethe, è una metropoli che incanta con la sua storia millenaria. Esplorare le tante bellezze della Città Eterna − monumenti, chiese e opere d’arte celebri in tutto il mondo, è anche un viaggio tra le molte specialità culinarie che potete degustare in ogni angolo della Capitale. Se desiderate scoprirne la vera essenza, non dovete far altro che assaggiare i piatti tipici della tradizionale cucina romana, ricette genuine ed essenziali che ne rispecchiano la storia, realizzate con ingredienti semplici e spesso umili.

Se “la vita è una combinazione di pasta e magia”, come diceva Federico Fellini, il modo giusto per vivere una meravigliosa esperienza di gusto, colori, sapori, profumi, è passeggiando nelle stradine e nei vicoli della Capitale. Qui potrete scoprire pietanze rustiche, ma dai sapori intensi. È la cucina del popolo romano, che da sempre ha vissuto nel cuore della città, animando le numerose locande e osterie.

La cucina ebraico-romanesca: l’antica e appetitosa unione di sapori

Il posto d’onore nel nostro itinerario del gusto spetta alla cucina ebraico-romanesca, in cui si sono fusi e ‘confusi’ gli aspetti, le culture e i cibi dei due popoli. Non poteva che essere così, dal momento che gli ebrei arrivano a Roma già nel II secolo a.C. e anche perché l’arte culinaria ebraica, come quella romana, ha l’abilità di trasformare anche gli ingredienti più poveri in deliziosi manicaretti.
In uno scambio virtuoso, le ricette della tradizione ebraica hanno influenzato quelle capitoline, così come i prodotti alimentari romani hanno ispirato alcuni piatti “alla giudia”. L’incontro tra le due cucine sta alla base della tradizione gastronomica della città, tanto che è difficile distinguere dove cominci l’una o finisca l’altra.
Dove gustare le specialità della cucina ebraico-romanesca? All’ombra del Tempio Maggiore, la grande Sinagoga, del Portico d’Ottavia e dell’imponente Teatro di Marcello, nelle trattorie sparse nelle suggestive stradine dell’Antico Ghetto Ebraico. Qui gli ebrei furono costretti a vivere segregati dal 1550 fino al 1870; ancora oggi, è il cuore della comunità ebraica romana.
Da non perdere l’assaggio di uno dei protagonisti tra gli ortaggi e principe della cucina romanesca: il carciofo. Preparato “alla giudia” è assolutamente delizioso! Salato, impepato e fritto completamente immerso in abbondante olio bollente, è una prelibatezza tutta da mordere.
I romani nutrono da sempre una grande passione per le ricette di ispirazione contadina, in cui trionfano le verdure  di stagione; tra queste, citiamo il tortino di alici, un pasticcio cotto al forno in cui si alternano aliciotti e indivia, tipica verdura della campagna romana, da consumare sia tiepido che freddo. Vere squisitezze per il palato sono gli gnocchi alla romana fatti col semolino, passati nel burro e parmigiano e poi finiti al forno, le sarde e carciofi in tortino e il timballo di ricotta.
Non mancano le minestre, tra cui la più famosa è sicuramente quella di broccoli e arzilla – nome romano per la razza, un pesce dalle carni bianche delicatissime. Un classico che risale ai tempi dell’antica Roma è la minestra di ceci con i "pennerelli", piccoli ritagli di carne, rigorosamente non di maiale, in osservanza delle regole alimentari kosher.
Altro grande protagonista sulla tavola è l’agnello: costolette impanate e fritte, a scottadito, cioè cotte su una griglia o brace rovente e mangiate caldissime, a bruciare le dita, al forno con le patate, al tegame con le olive o al limone. Questa carne ci ricorda l’origine del popolo romano, descritto dalle fonti storiche come un popolo di pastori legato a leggende di divinità boschive, protettrici delle greggi.
A Roma è popolarmente chiamato abbacchio. Questa parola deriverebbe dall’antica usanza di legare gli agnellini a un bastone, ad baculum, fino al quarto mese di età, come descritto da Varrone, scrittore latino del II secolo a.C . Oltre all’agnello, tipico piatto pasquale, anche il pollo fa la sua parte: trionfa fritto, o cucinato con i peperoni, preparato tradizionalmente in occasione del Ferragosto.

Pane e companatico

Nella cucina romana, il pane occupa un posto privilegiato: dall’antica Roma al Medioevo, fino al Rinascimento, è stato sempre protagonista delle tavole, tanto che nella Capitale non si concepisce di mangiare senza un cestino di pane a tavola.
Chi non conosce la bruschetta? È una fetta di pane abbrustolito ("bruscato"), semplicemente strofinata con aglio e condita con olio e sale o arricchita con un’infinità di ingredienti, come pomodoro, peperoni, formaggio, cipolle. Oggi, questo piatto povero della cucina contadina, inventato per riciclare il pane raffermo, si ‘sgranocchia’ ovunque come invitante antipasto.

Lo street food: il delizioso spuntino dalle origini millenarie

Già nell'antica Roma, la cultura del cibo da strada era assai diffusa. Molte delle abitazioni private, infatti, erano prive di cucina, quindi non era inusuale per i Romani consumare abitualmente i pasti in piedi, in una sorta di antichi “take away” affacciati sulla strada. Nelle vie della città, gli ambulanti, i lixae, vendevano pane, biscotti, legumi e frutta secca sulle loro bancarelle. Lo street food tanto amato oggi non è certamente un’invenzione moderna! Tra i "discendenti" degli alimenti da asporto prediletti dagli antichi sono da citare i filetti di baccalà, davvero croccanti, i fiori di zucca, farciti con mozzarella e alici e fritti in pastella, i succulenti supplì al telefono, con un morbido cuore di mozzarella filante, uno sfizio presente in tutte le pizzerie al taglio e rosticcerie di Roma e i fragranti panini con la porchetta, saporito arrosto di maiale disossato.
Da ogni angolo della città si sprigionano gli aromi dei forni che invitano a veloci e fragranti spuntini. Come dimenticare una delle specialità romane più gustose? Parliamo della pizza. Bianca in teglia, bassa e  scrocchiarella, oppure alta, condita con olio e sale grosso, squisita con la mortadella appena tagliata o, d’estate, ripiena di fichi con l’aggiunta, per i più golosi, di prosciutto crudo.
I vecchi forni sono insuperabili nel preparare la pizza rossa, bassa e oleata, ricoperta di pomodoro, da mangiare camminando per le strade di Campo Marzio. Dopo una visita al maestoso Pantheon o aver curiosato tra le bancarelle del mercato di Campo de’ Fiori e le botteghe di artigiani dei vicoli circostanti, “quando a Roma, fate come i romani”,  regalandovi momenti di pura gioia per il palato con un morso a pizze e panini insuperabili.

La pizza tonda: arte, tradizione e convivialità romana nel piatto 

La sera, la pizza diventa la regina della tavola: margherita, capricciosa, con funghi o prosciutto, sottile e dal bordo croccante. Esplorate i Rioni Testaccio, anima popolare della città, e Trastevere, fonte di ispirazione dei grandi poeti romani, per respirare l’atmosfera della Roma di un tempo, tra un delizioso boccone e l’altro e un bicchiere di vino dei Castelli. Se siete ancora più curiosi, per trovare le caratteristiche pizzerie romane vi basterà una passeggiata nei quartieri vivaci e bohémien di San Lorenzo e Pigneto, tra le architetture industriali di Ostiense o nell’elegante Rione Prati, dove c’è solo l’imbarazzo della scelta.

"Senza cità Bruschetta e Panzanella, è bono in ogni tipo di spuntino a comincià dar classico crostino fatto co’ bro, alice e mozzarella. E’ bono cor guanciale e Panontella, co’ le noce, co’ l’uva, intinto ar vino, e indorato cor buro a la padella. È bòno ner caffè, co’ la ricotta, cor gelato, l’aranci in insalata, cor prosciutto, li fischi e la caciotta. Co’ tonno e cipolletta, cor salame, co’ le castagne, co’ la cioccolata, ma soprattutto è bono co’ la fame"
Aldo Fabbrizi, “Nonno Pane”, 1970

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