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La Piccola Londra del quartiere Flaminio

Un’eleganza discreta color pastello

Tra le tante anime di Roma ce n’è anche una un po’ British e old style – una stradina privata e pedonale tra via del Vignola e via Flaminia fatta di villini bassi e colorati, portoni in legno, giardinetti e scale in pietra che riportano alla mente atmosfere d’oltremanica. Siamo nel quartiere Flaminio e via Bernardo Celentano, meglio conosciuta come la Piccola Londra, è una minuscola e suggestiva isola di quiete, chiusa da due cancelli in ferro che la proteggono dal traffico e dal mondo circostante: un luogo “instagrammabile”, utilizzato spesso in tempi recenti come set per spot pubblicitari, video musicali e riprese cinematografiche.  

Una città a misura d’uomo e per tutti

Ma la via, nata nel 1910, è anche una capsula del tempo che racconta un’idea precisa di città, un progetto architettonico e politico voluto dall’allora amministrazione cittadina e realizzato poi a macchie di leopardo. Solo un anno prima, nel 1909, era stato approvato il nuovo piano regolatore per l’ampliamento della città fuori dalle Mura Aureliane, redatto da Edmondo Sanjust di Teulada. A volerlo, e a incaricare l’allora ingegnere capo del Genio Civile di Milano, era stato Ernesto Nathan, il primo sindaco di Roma a non essere legato alla classe dei proprietari terrieri e alla nobiltà romana. Italo-inglese, mazziniano, ebreo, laico e anticlericale, nei sette anni in cui rimase a capo di Roma (dal 1907 al 1913) Nathan lavorò per dare forma e regole alla città, portandola al livello delle altre capitali europee in numerosi ambiti, dalle infrastrutture ai trasporti e all’istruzione, e tenendo bene a mente l’interesse collettivo. Il piano regolatore, una vera rivoluzione in una città in cui il 55% delle aree edificabili era in mano a solo otto proprietari, prevedeva che tutto intorno alla città antica venissero costruiti tre tipi di abitazione: fabbricati (alti fino a 24 metri) per luoghi ad alta densità abitativa, villini di due piani circondati da giardinetti e costruzioni di lusso immerse in parchi e giardini.

Estetica e funzionalità

Tra coloro che, materialmente, contribuirono a cambiare il volto della città, in sintonia con le idee progressiste del sindaco Nathan, ci fu l’ingegnere e architetto Quadrio Ferruccio Pirani, autore di alcuni dei più interessanti complessi di case realizzati nei primi decenni del Novecento per le classi disagiate e per il ceto medio impiegatizio romano. I progetti per i lotti e i villini nei Rioni San Saba e Testaccio, per esempio, sono ancora oggi espressione di una straordinaria qualità architettonica e urbana, lontana dalle logiche speculative che avevano guidato gli interventi precedenti. In quello che è oggi il quartiere Flaminio, un’area che era rimasta esclusa dalle trasformazioni di fine Ottocento, Pirani ebbe tutta la libertà di sperimentare modelli urbanistici diversi: oltre a firmare il complesso Flaminio I dell’Istituto Case Popolari, oggi in parte demolito, fu proprio lui a dare vita alle atipiche costruzioni di via Bernardo Celentano, un’utopia fatta di 26 villini liberty “anglo-italiani” originariamente destinati a ospitare funzionari di alto livello dell’amministrazione pubblica e arricchiti da fregi, decorazioni e balconcini. Oggi incastonati tra alti palazzi borghesi, rimangono un romantico testimone dell’ideale disegno di mutazione di Roma all’inizio del 1900, un esperimento unico che mantiene intatto il suo incanto.

Grandi architetti, sport, cultura e svago: le attrazioni e le sorprese del quartiere Flaminio

L’eleganza della Piccola Londra è l’insolito biglietto da visita di uno dei quadranti della città più vivaci e innovativi, sempre in trasformazione. Cresciuto nel corso del XX secolo, il quartiere Flaminio è stato del resto fin dalla sua nascita un luogo di sperimentazione architettonica e urbanistica, dal monumentale “Palazzo delle Ancore” costruito dal 1912 per ospitare il Ministero della Marina fino al Ponte della Musica, inaugurato nel 2011 e progettato per essere attraversato solo da mezzi pubblici, pedoni e biciclette. Portano la firma di Armando Brasini le grandi aquile in travertino e le arcate scandite da lampioni del Ponte Flaminio, iniziato nel 1938 ma terminato solo nel 1951. A pochi anni più tardi risale la “vocazione sportiva” del quartiere: per le Olimpiadi di Roma del 1960, Pier Luigi Nervi progetta lo Stadio Flaminio e, con Annibale Vitellozzi, il Palazzetto dello Sport di viale Tiziano, mentre il Villaggio Olimpico, il complesso residenziale nato per ospitare atleti e addetti ai lavori, vede la partecipazione tra gli altri di Vittorio Cafiero, Adalberto Libera e Luigi Moretti. Dei primi anni 2000 sono infine due frequentatissimi simboli del quartiere, con una ricca offerta culturale e di intrattenimento: l’Auditorium Parco della Musica Ennio Morricone disegnato da Renzo Piano e il MAXXI - Museo Nazionale delle Arti del XXI secolo, progettato da Zaha Hadid e aperto al pubblico nel 2010.

Foto Turismo Roma

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