Quasi nascosto perché incastonato nei palazzi all’angolo tra piazza Vittorio Emanuele II e via Napoleone III, il complesso della chiesa di Sant’Eusebio è uno dei gioielli del Rione Esquilino. La chiesa è una delle più antiche di Roma, menzionata già nel V secolo in un’iscrizione nelle catacombe dei Santi Marcellino e Pietro: secondo la tradizione, sorgerebbe sopra la domus di Eusebio, un presbitero romano del IV secolo morto di inedia proprio in casa dopo essere stato condannato dall’imperatore ariano Costanzo II agli arresti domiciliari.
Registrata negli atti del Concilio di papa Simmaco nel 499 e annoverata tra le stazioni quaresimali di Roma durante il pontificato di papa Gregorio Magno, la chiesa venne restaurata una prima volta già nell’VIII secolo. Nel 1238 fu rinnovata dalle fondamenta da papa Gregorio IX, che la riconsacrò dedicandola ai Santi Eusebio e Vincenzo, come è documentato da lunga iscrizione marmorea che ancora si può leggere nel portico. Nel Medioevo, la chiesa fu affidata ai monaci celestini e nel monastero annesso alla chiesa alla fine del Cinquecento si insediò una delle prime stamperie della città. All’inizio dell’Ottocento il complesso passò ai Gesuiti, che vi rimasero fino al 1873, quando il monastero divenne proprietà del governo italiano, mentre la chiesa divenne poco dopo parrocchia e fu affidata al clero secolare.
Per i numerosi restauri e rifacimenti che hanno segnato la sua storia plurisecolare, della chiesa duecentesca rimane oggi solo il campanile con trifore. L’aspetto attuale della chiesa risale infatti per lo più al Settecento: la facciata elegante e movimentata con un portico a cinque archi fu realizzata nel 1711 da Carlo Stefano Fontana, nipote del più celebre Carlo Fontana, sotto il pontificato di Clemente XI. La scalinata a doppia rampa di accesso alla chiesa, che è rialzata rispetto al piano stradale, è molto più recente ed è dovuta ai lavori di sbancamento per la realizzazione di piazza Vittorio Emanuele II e della nuova zona residenziale sul colle Esquilino dopo la proclamazione dell’Unità d’Italia.
L’interno della chiesa, ristrutturato nel Seicento da Onorio Longhi (al quale si deve l’altare maggiore e l’area del presbiterio) e da Niccolò Picconi attorno alla metà del Settecento, ha una sobria decorazione a stucchi bianchi e dorati. L’opera più interessante è l’affresco della volta con la “Gloria di Sant’Eusebio” accompagnato da una moltitudine di figure angeliche: commissionato ad Anton Raphael Mengs nel 1757, è la prima grande commissione dell’artista boemo acclamato in tutta Europa come il maggiore esponente dell’arte neoclassica. Dalla sagrestia si può ammirare il chiostro attribuito a Domenico Fontana, oggi appartenente alle Forze di Polizia dello Stato italiano.
Più che per la sua storia e per le sue opere di pregio, la chiesa è nota ai romani soprattutto per la caratteristica benedizione degli animali che ogni anno si svolge sul suo sagrato il 17 gennaio, in occasione della festa di Sant’Antonio abate: una tradizione che all’Esquilino nasce nel 1437 e che fu trasferita nella chiesa di Sant’Eusebio ai primi del Novecento per motivi di sicurezza e ordine pubblico dalla vicina chiesa di Sant’Antonio Abate.
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