È uno dei protagonisti del sorprendente “zoo di pietra” in cui è possibile imbattersi camminando per le vie del centro della città: parliamo del cervo con la croce tra le corna che sovrasta la bella chiesa nella piazzetta di Sant’Eustachio, a pochissimi passi dal Pantheon, da piazza Navona e da Palazzo Madama, che dà il nome anche al Rione in cui ci troviamo.
Narra la leggenda che la chiesa sorgerebbe infatti sulla casa di Placido, un comandante dell’esercito romano che, durante una battuta di caccia, si sarebbe imbattuto in un cervo che portava fra le corna l’immagine di Cristo. Convertitosi al cristianesimo, dopo essersi battezzato cambiando il suo nome in Eustachio il futuro santo fu orribilmente martirizzato (dentro un toro di bronzo infuocato) con tutta la famiglia sotto l’imperatore Adriano: circa due secoli, Costantino avrebbe trasformato la casa in luogo di culto, poi più volte radicalmente restaurato nei secoli a seguire.
La chiesa si presenta attualmente nella sua versione settecentesca: una delle poche sopravvivenze della fabbrica medioevale è il bel campanile romanico fatto realizzare da papa Celestino III nel 1195 circa e decorato con scodelle policrome. L’interno della basilica è a una sola navata, con tre cappelle laterali decorate con tele e architetture settecentesche. In controfacciata, spiccano la vetrata raffigurante la Maddalena penitente, realizzata nell’ultimo decennio dell’Ottocento da Gabriel e Louis Gesta di Tolosa, e il maestoso organo settecentesco. L’altare maggiore, ricco di marmi policromi e bronzi, è opera di Nicola Salvi (1739): poggia su un’urna che secondo la leggenda contiene i corpi del santo, della moglie e dei figli, ed è sormontato da un baldacchino con cervo, colomba, cherubini e palme, opera di Ferdinando Fuga.
Una lapide sulla facciata della chiesa, in prossimità dell’angolo con via di Sant’Eustachio, ricorda una delle piene del Tevere che periodicamente travolgevano la città: “AN(NO) SAL(UTIS) M VD TIBERIS SERENO AERE AD HOC — SIG(NUM) CREVIT NON(IS) DECEMB(I)R(IS) ALEX(ANDRI) VI P(ONTIFICIS) M(AXIMI) AN(NO) III”, ovvero “Nell’Anno di Salvezza 1495, in una giornata serena, il Tevere arrivò a questo segno — nelle none di dicembre (il 5 dicembre) nel terzo anno di Alessandro VI Pontefice Massimo”.
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Piazza Navona
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