Capolavori di arte orafa, nel segno di una storica tradizione familiare e di uno stile inconfondibile
L’arte della bellezza tramandata di generazione in generazione: è lo stile Federico Buccellati, simbolo di alta oreficeria italiana e di continuità familiare.
La raffinata tradizione artigianale nata da Mario Buccellati, definito da Gabriele D’annunzio “principe degli orafi”, continua con Lorenzo e Benedetta, figli di Federico, custodi di quel garbo e del “su misura” che hanno reso il marchio sinonimo di eleganza nel mondo.
Dallo storico negozio di via dei Condotti 31, Lorenzo Buccellati ci racconta la sua Roma inedita
"Tutto ha inizio con mio nonno a Milano, nel 1919. Subito dopo, decide di aprire una sede anche a Roma. Poi segue quella di Firenze e, dopo la guerra, New York: voleva essere presente in ognuna di queste città per avvicinarsi alla clientela, intuirne le esigenze e i gusti.
La storia di mio padre e della nostra famiglia è legata a questo negozio di via Condotti. Dopo la guerra infatti, nonostante mio nonno lo volesse con sé a Milano, mio padre viene a Roma, se ne innamora e con mia madre, piemontese, decidono di stabilirsi qui. Ecco perché noi figli siamo nati a Roma.
Se dovessi trovare l’elemento che più di altri rappresenta l’essenza di questa azienda, senza dubbio direi l’essere umano. Ogni oggetto Buccellati nasce dall’idea di un membro della famiglia: prima mio nonno, poi mio padre, ora mia sorella. Mai avuto un ufficio designer o di stile. L’idea si traduce in uno schizzo e poi prende forma e sostanza nell’incontro con l’artigiano: dalla relazione, anche fisica, di scambio, di confronto, di parole, prende corpo l’oggetto come sarà nella sua versione finale. Senza quella relazione, non sarebbe possibile nessun gioiello.
La centralità dell’essere umano la si può vedere anche in negozio, nella quotidianità. Non abbiamo mai avuto vetrinisti, perché sono le stesse persone che si occupano della vendita a decidere come esporre gli oggetti di cui poi si faranno interpreti con i clienti: c’è chi si è inventato nidi con fili di madreperla all’interno dei quali far nascere bracciali o chi abbinava un gioiello con pezzi di argenteria. Abbiamo sempre lasciato che fossero le persone a scegliere come narrare l’oggetto, perché è da qui che nasce la relazione con il cliente che entra in negozio.
Ed è sempre l’essere umano a determinare l’unicità dei nostri gioielli: è la mano dell’uomo a incidere anche il più piccolo dettaglio, la più microscopica decorazione, perché non utilizziamo mai macchine e processi industriali. Mia sorella crea e controlla ogni gioiello dopo ciascuna fase della lavorazione, sia esso semplice o importante. Da noi, il fatto su misura è veramente fatto su misura, con passione, entusiasmo e stesso identico impegno in ogni singola realizzazione.
Come le nostre ghirlande di frutta ispirate alle ceramiche Robbiane. Oggetti storici: le faceva mio nonno, le ha fatte mio padre, oggi continuiamo a farle noi.
I nostri oggetti sono fatti di relazioni umane, anche con i clienti, che spesso ci indicano come vorrebbero una collana, un ciondolo e noi ci mettiamo in ascolto delle loro richieste, per realizzare quello che meglio li rappresenti. E sono proprio le persone che si rivolgono a noi che poi diventano i nostri migliori “testimonial”, perché sono testimoni del rapporto unico e personale che ci lega a loro.
In ogni minimo dettaglio, anche invisibile a occhio nudo, c’è la passione, la cura, il rispetto per quella relazione, per il senso del bello con cui cerchiamo di nutrire i nostri oggetti.
È proprio il senso del bello che bisogna recuperare: in città, nel rione, nelle piccole sfumature. E nell'educazione al gusto, che non si improvvisa, ma si costruisce giorno dopo giorno.
Quando io e mia moglie dovevamo decidere la scuola per i nostri ragazzi, ne abbiamo scelta una vicina al Pantheon, perché anche percorrere il tratto di strada da casa verso la scuola avrebbe riempito loro gli occhi di bellezza, li avrebbe nutriti del bello di cui è piena questa città e consegnato loro un’attitudine.
Perché il valore, l’attenzione, il gusto di scoprire un luogo vanno al di là del portafoglio: è una questione di cultura. Stare in negozio il sabato per me era una scoperta: vedevo le persone che venivano in giornata da Palermo, da Bari, da Napoli. Prendevano l’aereo la mattina, facevano colazione in un bel posto, i loro acquisti, e la sera tornavano a casa. Venivano alla ricerca del bello.
La ricerca del bello può essere faticosa, ma è una fatica che arricchisce. È come quando ci si faceva fare un vestito su misura dal sarto: si trovava il modello, si andava a far le prove, si parlava, si stabiliva una relazione umana. Non era immediato: ci voleva la “fatica” di aspettare il risultato, un passo alla volta.
Né io né i miei figli siamo mai stati forzati a fare questo lavoro. Mia nonna mi diceva: “Quando crescerai, deciderai quello che ti piace fare, l’importante è che tu lo faccia con passione”.
E la passione e l’eleganza si costruiscono giorno dopo giorno, vengono instillate con la cura e l’amore per ciò che si fa. È un modo di essere. È lo sguardo che si ha sul mondo, anzi, direi meglio, è il garbo con cui ti porgi al mondo e alle persone".
Per le immagini si ringrazia Federico Buccellati©
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