La nascita e la successiva espansione di questo cimitero ipogeo sono correlate al martirio della giovane Agnese, qui sepolta, e risalgono agli inizi del III secolo d.C. La santa fu forse vittima della persecuzione di Decio nel 250 d.C. o di Valeriano nel 257 d.C., o di quella più tarda dell’epoca di Diocleziano nel 304 d.C. Attestato nei documenti più antichi riguardanti i martiri romani, il suo culto fu uno dei più diffusi nella Roma dei primi secoli dell’era cristiana.
Il corpo della martire fu sepolto in una galleria al primo piano di un preesistente cimitero cristiano, articolato in varie regioni e disposto su tre livelli, scavato sul fianco di una collina lungo la via Nomentana. Nella zona sorgevano anche numerose sepolture pagane, di dimensioni sia modeste che monumentali, risalenti al I e II secolo d.C. La necropoli pagana fu distrutta quando l’imperatore Costantino fece costruire, in quest’area, una grande basilica – della quale rimangono oggi poche strutture – alla quale fu annesso il Mausoleo di Santa Costanza, uno dei monumenti più importanti dell’architettura tardo-antica.
Sul luogo esatto della sepoltura di Agnese, nel V secolo fu invece realizzata una piccola chiesa, completamente rifatta nel VII secolo da papa Onorio che la trasformò nell’attuale basilica semi-interrata: il suo altare ingloba la tomba della martire mentre un meraviglioso mosaico con Agnese tra i papi Onorio e Simmaco su sfondo dorato ne decora l’abside. Sulle pareti del monumentale scalone che conduce alla chiesa sono conservate due tra le più antiche testimonianze del culto della santa, risalenti al IV secolo: una lastra marmorea con la raffigurazione della martire e un’iscrizione di papa Damaso, scoperta nel 1728.
Anche se prive di decorazioni pittoriche, le catacombe hanno restituito un gran numero di iscrizioni, graffiti e oggetti di uso funerario, per esempio un monogramma costantiniano decorato con smalti o l’epitaffio dell’alumna Sabina che volle essere sepolta sopra la tomba del genitore adottivo.
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