Un “Monte di Pietà” per combattere l’usura
Inventata e diffusa dai frati degli ordini mendicanti con l’idea di combattere l’usura erogando piccoli prestiti a condizioni favorevoli, l’istituzione del Monte di Pietà nella Roma dei papi arriva con circa un secolo di ritardo rispetto ad altre città italiane. Il Monte (poi rinominato Monte dei Pegni nel 1935) viene infatti fondato nella prima metà del Cinquecento dal francescano Giovanni da Calvi con l’approvazione di Paolo III Farnese, pur trovando la sua sede definitiva solo nel 1603, quando Clemente VIII Aldobrandini acquista il palazzo del Rione Regola che Ottaviano Mascherino aveva costruito solo pochi anni prima per la famiglia Santacroce. Il successo dell’iniziativa è tale da richiedere da subito lavori di ampliamento del palazzo, che proseguono per oltre un secolo fino all’acquisto, nel 1759, dell’adiacente palazzo Barberini ai Giubbonari, collegato alla fabbrica principale tramite un cavalcavia.
L’aquila e il drago dei Borghese
La bianca facciata del palazzo che prospetta sulla piazza omonima, la parte più antica del complesso, è dominata dagli stemmi di Paolo III e Clemente VIII e dall’immagine di Cristo che risorge dal sepolcro, un’iconografia nota con il nome di Imago Pietatis. Opera di Carlo Maderno, l’edicola marmorea è così maestosa da far passare in secondo piano la piccola fontana sottostante, il cui disegno è generalmente attribuito allo stesso Maderno. Tutta di travertino, la fontana fu realizzata su incarico di papa Paolo V Borghese: vi sono raffigurati tutti gli elementi araldici della nobile famiglia di origine del pontefice, eletto sul soglio di Pietro nel 1605 – l’aquila e il drago che troviamo ripetuti centinaia di volte nei palazzi, nelle fontane e nelle ville della città.
Una fontana dal fascino imperfetto
L’esecuzione materiale della fontana fu però probabilmente affidata a un artista mediocre e risulta quindi nel complesso piuttosto grossolana. Emergendo dalla valva di una pesante e massiccia conchiglia murata nella facciata del palazzo, una tozza aquila ad ali aperte poggia le zampe ad artiglio su due piccoli basamenti. La bocca di un mascherone posto subito al di sotto versa l’acqua (potabile) in una semplicissima vasca dai bordi arrotondati. Ai lati del mascherone, fuoriescono dalle volute le teste di due fantasiosi e improbabili draghetti che gettano dalle fauci sottili zampilli nella vasca. Seppure lontana dalla perfezione e dalla bellezza di altri e ben più monumentali esempi, la piccola fontana non manca comunque di vivacità espressiva e di fascino, anche per l’originalità della sua composizione.
Foto: Redazione Turismo Roma
Informazioni
Location
Per conoscere tutti servizi sull'accessibilità visita la sezione Roma accessibile.