La sua facciata novecentesca può trarre in inganno ma la chiesa dell’Esquilino intitolata al fondatore del monachesimo cristiano ha in realtà origini molto antiche. Sorge infatti sull’area della basilica romana di Giunio Basso, poi trasformata nella chiesa di Sant’Andrea cata Barbara. Qui, alla metà del XIII secolo il cardinale Pietro Capocci fondò un ospedale per accogliere i malati affetti da malattie della pelle, compreso il cosiddetto “Fuoco di Sant’Antonio”, e la leggenda vuole che vi fosse ricoverato anche San Francesco d’Assisi. Qualche anno più tardi, Papa Niccolò IV affidò l’amministrazione dell’ospedale ai monaci Antonini, che nel 1308 intrapresero la costruzione di una nuova chiesa, dedicando a Sant’Antonio tanto la chiesa che l’ospedale. La chiesa fu poi ricostruita nel 1481 e rimaneggiata più volte fino al XVIII secolo.
Nel 1928 il complesso fu acquistato dalla Santa Sede: la chiesa, restaurata per volontà di Pio XI, fu assegnata ai cattolici russi di rito bizantino mentre l’antico ospedale fu trasformato nel Pontificio Collegio Russicum, centro dedicato agli studi sulla cultura e la spiritualità russa e orientale. La facciata, rifatta da Antonio Muñoz nel 1932, conserva il magnifico portale romanico dell’antico luogo di cura, mentre la scala a due rampe fu aggiunta dopo il 1870. L’elegante interno, frutto del rifacimento settecentesco, è stato adattato alle esigenze del culto orientale con l’inserimento di una iconostasi a tre porte: la maggior parte delle icone è opera di Grigorij Pavlovic Maltzeff. Di particolare interesse è la Cappella di Santa Teresa, opera di Domenico Fontana del 1583, con stucchi settecenteschi: nel tamburo della cupola di questa cappella sono tutt’ora visibili quattro affreschi del Pomarancio. Alle pareti della navata sinistra possiamo invece ammirare frammenti di bassorilievi, trovati durante i restauri novecenteschi e databili tra il IX ed il X secolo.
Originariamente la chiesa era preceduta da un piazzale dove era situata la cosiddetta “Colonna dell’Abiura”, innalzata nel 1596 da Charles Anisson, Priore della chiesa, in memoria del Re di Francia Enrico IV, che aveva abiurato il protestantesimo a favore del Cattolicesimo. Nel 1880 la colonna fu smontata e trasferita nel cortile che fiancheggia la navata destra della Basilica di Santa Maria Maggiore, dove si trova tuttora. Il vasto sagrato della chiesa era indispensabile alla cerimonia che fin dal 1437 si svolgeva qui il 17 gennaio, giorno della festa del santo: la speciale e affollatissima benedizione degli animali domestici, di cui il santo è protettore, poi dirottata nel Novecento sulla scalinata della vicina chiesa di Sant’Eusebio per problemi di traffico.
Piazza Vittorio Emanuele II
Il cuore del multietnico quartiere Esquilino
Giardini Nicola Calipari di Piazza Vittorio
Basilica di Santa Maria Maggiore
Chiesa dei Santi Vito e Modesto
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