Svelare la storia: San Tommaso e l'ordine della Santissima Trinità
Nel cuore del Rione Celio, a pochi passi da Villa Celimontana e da Santo Stefano Rotondo, presso l’odierno Arco di Dolabella e Silano, si trova la piccola chiesa di San Tommaso in Formis, dedicata a San Tommaso Apostolo. L’appellativo ‘in Formis’, invece, deriva dal nome latino dell’Acquedotto Claudio – forma Claudia – sulle cui cisterne fu costruita.
La storia della chiesa è legata a doppio filo con quella dell’Ordine della Santissima Trinità e del suo fondatore San Giovanni de Matha, che visse gli ultimi anni della sua esistenza alloggiando probabilmente nella cella che si trova in corrispondenza della finestrella che si apre sopra l’Arco di Dolabella e Silano – e morì, il 17 dicembre 1213. Le sue spoglie furono inizialmente tumulate in un mausoleo marmoreo all’interno della chiesa, ma nel 1655 furono trasferite in Spagna.
L’edificazione di questo interessante luogo di culto avvenne all’incirca intorno al X secolo come chiesa abbaziale di un monastero benedettino, anche se la data non può essere stabilita con esattezza, perché le testimonianze scritte sono andate distrutte.
Le prime attestazioni risalgono quindi al 1209, data in cui papa Innocenzo III donò il preesistente monastero ai frati trinitari che ne fecero la propria sede e ne adattarono una parte a ospedale per l’assistenza dei poveri, degli infermi, dei pellegrini e degli schiavi riscattati dall’ordine.
San Tommaso in Formis: storia, restauri e segreti
L’ingresso all’antico ospedale può essere identificato con il portale che in alto reca un medaglione che raffigura di San Giovanni de Matha, l’entrata dell’ex monastero, invece, fu costruita tra le arcate dell’acquedotto romano, mentre subito oltre l’arco di Dolabella e Silano si trova l’entrata della chiesa.
Intorno al 1380, sotto il pontificato di Urbano VI, l’Ordine fu costretto ad abbandonare Roma per il loro sostegno all’antipapa Clemente VII. Il Capitolo Vaticano prese possesso del complesso, dismettendo l’attività dell’ospedale e lasciando il luogo abbandonato fino al 1532, quando fu deciso di restaurare la chiesa utilizzando, per risparmiare, i materiali del vicino ospedale.
Nel 1571, Papa Pio V restituì la chiesa e ciò che rimaneva dell’ospedale e del monastero ai trinitari, ma alla sua morte, pochi mesi dopo, l’Ordine ne perse di nuovo la proprietà.
Nel 1663, furono effettuati alcuni lavori di restauro che dotarono la chiesa di una nuova facciata al centro della quale si apre un portale sormontato da un timpano triangolare su cui appare la dedicatio “DIVO THOMAE APOST(OLO) D(ICATUM)”, ovvero, “Dedicato a San Tommaso Apostolo”.
Il 1898 fu l’anno in cui il complesso venne riaffidato ai Trinitari che intrapresero un nuovo restauro. Nel 1926, la chiesa fu riaperta al culto, ma l’ospedale, ormai demolito, fece spazio alla sede dell’Istituto Sperimentale per la Nutrizione delle Piante, ancora oggi in funzione.
San Francesco d’Assisi e San Tommaso in Formis: le testimonianze di un glorioso passato
Rispetto alla sontuosità delle origini, oggi la chiesa, a navata unica, presenta dimensioni modeste e appare decisamente spoglia, ma l’atmosfera che si respira al suo interno è ancora accogliente e raccolta, e ricca delle testimonianze di un glorioso passato.
Sull’altare maggiore, l’opera di Aronne del Vecchio ritrae papa Innocenzo III nell’atto di approvare la Regola trinitaria Gesù e manda San Giovanni de Matha nel mondo a redimere degli schiavi.
Sotto l’altare su cui si trova il quadro che raffigura la Madonna del Buon Rimedio in atto di porgere una borsa di denaro a San Giovanni de Matha, è conservata la reliquia della falange di un dito del Santo catalano.
Sulla sinistra, invece, il quadro di Siciolante da Sermoneta riferisce delle numerose visite di San Francesco d’Assisi presso il monastero, ospite di San Giovanni de Matha. Il dipinto, infatti, raffigura la Vergine Maria, San Bonifacio martire e San Francesco d’Assisi con papa Bonifacio IX.
Tra schiavitù e redenzione: il mosaico e la visione di San Giovanni de Matha
L’edicola posta sopra l’antico ingresso dell’ospedale reca al suo interno il mosaico simbolo dell’Ordine dei Trinitari. Di forma tonda, come testimoniato dall’iscrizione sulla volta del portale (MAGISTER IACOBUS CUM FILIO SUO COSMATO FECIT OHC OPUS) è opera di Giacomo e suo figlio Cosimo, marmorati romani della prestigiosa Scuola Cosmatesca – il cui stile inconfondibile è presente in parecchie chiese di Roma – e fu realizzato all’inizio del Tredicesimo secolo. Il mosaico racconta la visione che indusse San Giovanni de Matha a fondare l’Ordine: Cristo in trono tra due schiavi - uno bianco a destra e l’altro nero a sinistra - incatenati.
Un’iscrizione che recita “Signum Ordinis Sanctae Trinitatis et Captivorum”, ovvero Emblema dell’Ordine della Santa Trinità e degli Schiavi, lo racchiude. Anche la croce tra le mani dallo schiavo bianco e quella che sormonta il tondo del mosaico sono un riferimento all’Ordine della Santissima Trinità: il rosso e il blu che le identificano sono gli stessi colori che appaiono sulle croci ricamate sugli scapolari dei religiosi trinitari.
Foto di copertina: Redazione Turismo Roma
Fotogallery: Ordine della Santissima Trinità, sito ufficiale
Fontana della Navicella
Chiesa di Santa Maria in Domnica alla Navicella
Informazioni
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