Situata tra piazza di Spagna e Fontana di Trevi, la basilica viene menzionata in molti documenti storici fin dal dodicesimo secolo, con il nome di Sant’Andrea “infra hortos”, titolo successivamente tradotto in “delle Fratte” o “degli arbusti”. Nel 1585 fu affidata da Sisto V all’Ordine dei Minimi di San Francesco di Paola che ne avviarono la ricostruzione per le precarie condizioni in cui versava.
Sovvenzionati dal marchese Ottavio del Bufalo – il cui stemma con una testa di bufalo è raffigurato nel frontone del portale e nel campanile – i lavori procedettero a rilento per la mancanza di fondi e durarono oltre un secolo. L’impostazione generale e la facciata si devono a Gaspare Guerra, che vi lavorò dal 1604 al 1612. Nel 1653 l’incarico passò a Francesco Borromini, che progettò l’abside, il campanile e il tamburo della cupola, rimasta incompiuta e sacrificata rispetto al progetto originario per la morte dell’artista. Nel 1691, i lavori furono infine portati a termine da Mattia de Rossi.
Straordinariamente originali per la complessa articolazione di superfici concave e convesse, sia il campanile sia la cupola sono il risultato del genio di Borromini. Il tiburio che contiene la cupola circolare è rinforzato da contrafforti diagonali che fanno assumere alla struttura l’immagine della croce di Sant’Andrea (il santo titolare della chiesa). La sua cortina di laterizi contrasta singolarmente con il marmo bianco del campanile, un gioiello di architettura di rara finezza che, da una base quadrata, si sviluppa con una struttura circolare a colonne, culminante nelle figure di angeli cherubini che sostengono gli emblemi del santo. Il campanile è soprannominato “ballerino” perché quando la grande campana suona, la struttura oscilla paurosamente.
L’interno della chiesa ha una larga navata centrale coperta da volta a botte e fiancheggiata da tre cappelle per lato, oltre a due cappelline poste negli angoli su entrambi i lati dell’ingresso. La navata termina in un transetto, disegnato da Borromini e affiancato da altre due piccole cappelle. La cappella del transetto di sinistra è la Cappella di Sant’Anna, ideata dai due maggiori artisti che hanno operato a Roma nel Settecento e agli inizi dell’Ottocento, Luigi Vanvitelli e Giuseppe Valadier. La terza cappella di sinistra, rinnovata negli anni Cinquanta dell’architetto Marcello Piacentini, è dedicata alla “Madonna del Miracolo”, venerata in seguito all’apparizione della Vergine Maria all’avvocato francese di origine ebrea Alphonse Ratisbonne il 20 gennaio 1842.
Tra le attrazioni principali della chiesa vi sono i due Angeli (1667-1670) con strumenti della Passione realizzati da Gian Lorenzo Bernini, che l’artista scolpì, settantenne, per la decorazione di Ponte Sant’Angelo, affidando l’esecuzione degli altri ai suoi allievi. Papa Clemente XI li reputò troppo belli per rimanere esposti alle intemperie e volle lasciarli nello studio dell’artista. Nel 1729, gli eredi di Bernini li donarono a loro volta alla chiesa.
La chiesa di Sant’Andrea delle Fratte ospita l’unico Putridarium presente a Roma.
Dietro l’altare maggiore, una botola permette di scendere nella cripta dove, in una piccola stanza, si trovano 13 sedute con un foro al centro. Si tratta di uno scolatoio sul quale venivano posti i cadaveri che durante il processo della decomposizione “scolavano”, appunto, i loro liquidi nel vaso posto al di sotto del foro. Grazie a un foro nel soffitto, le emanazioni mefitiche della putrefazione venivano disperse all’esterno dell’ambiente. Quando, infine, i corpi erano completamente decomposti, i religiosi ne raccoglievano i resti, generalmente pelle e ossa e, dopo averli lavati accuratamente, li trasferivano in un ossario.
Oltre alla suddetta funzione, il Putridarium svolgeva anche la funzione di memento mori: veniva usato dai monaci come luogo di penitenza ed espiazione che rammentava loro, attraverso i vari stadi del disfacimento del corpo, della transitorietà della carne e dell’immanenza dell’anima in viaggio verso l'eternità.
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