Posta sulla sommità del colle Celio, la chiesa di Santa Maria in Domnica è un’antica diaconia fondata probabilmente già nel VII secolo sui resti romani della caserma della V Coorte dei Vigili. L’appellativo “in Domnica” è di origine incerta: potrebbe derivare dal nome di Ciriaca (la cui traduzione dal greco significa “che appartiene al Signore”), dal termine “dominicum” usato per indicare i primi luoghi di culto cristiani oppure dai “praedia dominica”, aree di pertinenza imperiale sul cui territorio sarebbe sorta la chiesa.
Il suo aspetto attuale è dovuto in massima parte all’intervento di Papa Pasquale I che, nel IX secolo, la riedificò dalle fondamenta, ampliandola e decorandola con magnifici mosaici absidali. Tra il 1513 e il 1514, per intervento del cardinale titolare Giovanni de’ Medici, futuro Papa Leone X, venne rifatta la facciata su disegno di Andrea Sansovino, che progettò anche l’elegante portico a cinque arcate, su pilastri e lesene d’ordine tuscanico, con protomi leonine che alludevano al nome assunto dal Papa committente. Nel campanile situato lungo il fianco destro è conservata una campana del XIII secolo, una delle poche a Roma che sia sfuggita alle ricorrenti rifusioni.
L’interno della chiesa è a pianta basilicale con tre navate divise da 18 colonne antiche di granito con capitelli corinzi. Il soffitto ligneo a cassettoni fu realizzato nel 1565-1566 dal cardinale Ferdinando de’ Medici, che continua il legame tra la famiglia Medici e la chiesa di Santa Maria in Domnica. Al di sotto, corre un fregio con motivi araldici disegnato da Giulio Romano. La chiesa è dominata dal mosaico absidale commissionato da Papa Pasquale I, che appare ai piedi della Vergine Maria tra schiere di angeli: uno dei migliori esempi della cosiddetta “rinascenza carolingia” a Roma. Gli affreschi al di sotto del mosaico sono invece del XVII secolo.
La chiesa si affaccia su piazza della Navicella (a Roma, anche la chiesa è detta Santa Maria alla Navicella), così chiamata per la fontana a forma di nave romana fatta eseguire da Leone X su modello di una più antica e presumibilmente opera anche in questo caso di Andrea Sansovino.
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