Non ancora trentenne, il futuro premio Nobel Gabriel García Márquez arriva a Roma nel 1955 come corrispondente di El Espectador, formalmente per documentare lo stato di salute di Papa Pacelli, che si diceva molto malato: vi rimane però a lungo, più di un anno, frequentando il Centro Sperimentale di Cinematografia per studiare nel luogo dove era nato il neorealismo, e dando anche gli ultimi ritocchi al suo primo romanzo, “La hojarasca”, uscito in Italia soltanto nel 1977 con il titolo di “Foglie morte”.
“Gabo” tornò ancora a Roma nel corso della sua vita e nella città, tra Trastevere e Parioli, ambientò “La santa”, un racconto ispirato anche e soprattutto dalle atmosfere di Villa Borghese, il polmone verde ricco di arte dove lo scrittore amava passeggiare. E proprio tra gli alberi e i viali della sua villa preferita c’è oggi il suo nome su una targa di marmo. Il 26 ottobre, al grande scrittore colombiano la città ha dedicato una strada a pochi metri dalla Casa del Cinema, all’incrocio tra viale dei Cavalli marini e viale del Museo Borghese. A festeggiare lo svelamento della targa, un vortice di coriandoli dorati e centinaia di farfalle di carta gialla, quelle farfalle che in “Cent’anni di solitudine” precedevano l’arrivo del personaggio Mauricio Babilonia.
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