
Lo spettacolo al Teatro Nazionale, per la regia, scene, luci, suoni, costumi di Alessandro Serra, è liberamente ispirato alle tragedie di Sofocle sul mito greco di Edipo; la messa in scena, che include elementi di canto e danza, esplora il mito rileggendolo attraverso la lingua del grecanico e mostra la perdita della conoscenza collettiva e del rito nella società contemporanea, riflettendo sulle rovine della civiltà moderna.
Il testo dello spettacolo, rielaborato dagli scritti di Sofocle Edipo Re ed Edipo a Colono con la traduzione di Salvino Nucera e le scene ricche di chiaroscuri e immerse in un buio che è quasi metafora della cecità di Edipo, chiudono il protagonista in una morsa opprimente che lo conduce a scoprire la verità terribile del suo passato, per poi diventare paesaggi sabbiosi e desertici, che lo accolgono da straniero a Tebe.
Il lavoro complesso condotto sul linguaggio inoltre, si inserisce nel tentativo del regista di ricostruire la sonorità della tragedia greca attingendo a una lingua più che un dialetto, il grecanico, ad oggi ancora parlato in poche zone della Calabria, in una striscia di terra di quella che fu la Magna Grecia. Il personaggio di Edipo sorge così sulle macerie della tragedia classica, riscoprendo la voce della polis e del rito, alla ricerca di un sapere collettivo ormai perduto.
Con Alessandro Burzotta, Salvatore Drago, Francesca Gabucci, Sara Giannelli, Jared McNeill, Chiara Michelini, Felice Montervino; voci e canti: Bruno de Franceschi.
Foto: Teatro dell'Opera di Roma, ph di Yasuko Kageyama
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