A Roma è comunemente conosciuto come Ponte Rotto, ma il grande rudere dall’aspetto decadente e poetico che emerge dalle acque del Tevere, a poca distanza dall’Isola Tiberina, è in realtà ciò che resta dell’antico Pons Aemilius, realizzato per la prima volta in legno già nel III secolo a.C. e ricostruito in muratura un secolo dopo.
Era il ponte più lungo della città e con una importante posizione strategica ma la sua fu una storia travagliata: posto obliquamente rispetto alla corrente del fiume, in un punto dove l’acqua è particolarmente impetuosa, fu molto spesso travolto dalla potenza del Tevere. Danneggiato quando non distrutto, fu così oggetto di innumerevoli ricostruzioni. Anche il suo nome mutò spesso nel corso dei secoli: con il rifacimento attuato da Augusto, che aveva assunto la carica di Pontefice Massimo, fu chiamato “ponte Massimo”, nel IX secolo divenne noto come ponte di Santa Maria, in seguito alla trasformazione del Tempio di Portunus nella chiesa di Santa Maria Egiziaca, e infine nel 1144 venne ribattezzato ponte Senatorium, probabilmente dopo il restauro ordinato dai Senatori, la più alta carica amministrativa cittadina.
Interventi e restauri si susseguirono anche nei secoli successivi: la completa ristrutturazione del 1552, a opera di Nanni di Baccio ma su progetto di Michelangelo, si rivelò poco efficace e solo cinque anni dopo il ponte fu nuovamente spazzato via da un’alluvione. Con l’ennesima ricostruzione voluta da papa Gregorio XIII Boncompagni nel 1573 e ricordata da un’iscrizione ben leggibile, oltre che dai bassorilievi con i draghi che richiamano lo stemma papale, il ponte fu utilizzato per condurre in Trastevere la nuova conduttura dell’Acqua Felice, che alimentava la fontana in piazza di Santa Maria in Trastevere, ma un’altra violentissima piena nella notte di Natale del 1598 distrusse la conduttura e tre delle sue arcate. La metà del ponte rimasta in piedi, ancorata alla riva destra, fu trasformata in un giardino pensile fino alla fine del Settecento, quando la precaria stabilità del ponte lo rese del tutto inagibile.
Nel 1853 Pio IX decise di rimettere in funzione il ponte utilizzando passerelle metalliche sospese: questa soluzione durò fino al 1887, quando le passerelle vennero rimosse per la realizzazione dei muraglioni del Tevere e del nuovo Ponte Palatino. In questa occasione il ponte venne privato delle due arcate più esterne – lasciandolo nello stato in cui si trova tutt’ora – e definitivamente soprannominato “rotto”.
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