Sorge presso il Portico d'Ottavia, e l'appellativo Massima gli deriva dal vicino sbocco della Cloaca Massima nel Tevere. Fu eretta, secondo la tradizione, sulla casa paterna del santo che qui vi avrebbe vissuto con la madre e la sorella Marcellina, prima di essere trasferito come console a Milano, dove poi divenne vescovo.
La casa fu anche la sede della comunità religiosa della sorella Marcellina, ma successivamente divenne proprietà di tale Maxima che, sotto il pontificato di Leone III, vi fece costruire una chiesa a croce latina con monastero. Ed ebbe poi due diverse denominazioni, Santo Stefano de Maxima e Santa Maria in Formosa; nel Quattrocento il complesso fu ristrutturato con l'originario titolo e vi entrarono le Benedettine.
Si ebbe una nuova ricostruzione nel Seicento con i ofndi di Beatrice Torres, sorella della badessa, ed il progetto fu elaborato da Orazio Torriani, attivo a Roma tra il 1601 ed il 1657, Giovan Battista Mola e Carlo Maderno. Nel 1814 alle Benedettine subentrarono le Clarisse e nel 1860 i Benedettini Sublacensi. Dopo il 1870 il complesso fu espropriato dallo Stato italiano, ma successivamente la chiesa ed una parte del monastero furono restituiti ai Benedettini, mentre il resto del complesso passò al Comune di Roma-Roma Capitale.
Nel refettorio si trova un affresco attribuito ad Antoniazzo Romano.
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