
Una chiesa tardo barocca nel regno del lusso, tra palazzi signorili e boutique delle firme della moda a pochi passi da piazza di Spagna. Affacciata con discreta eleganza su via dei Condotti, una delle più famose ed esclusive vie dello shopping della città, quasi all’incrocio con via del Corso, la chiesa è legata nel nome e nella storia ai padri trinitari spagnoli, parte della famiglia religiosa fondata alla fine del XII secolo dal francese San Giovanni de Matha, che qualche anno dopo si sarebbe trasferito a Roma, nel convento di San Tommaso in Formis. Approvato da papa Innocenzo III nel 1198, l’ordine della Santissima Trinità aveva come finalità principale, insieme alla gloria della Trinità, la redenzione degli schiavi cristiani in pericolo di rinnegare la propria fede per salvare la vita.
Insieme all’annesso convento, la chiesa venne costruita tra il 1741 e il 1746 e ha complessivamente un aspetto omogeneo da un punto di vista stilistico, dal momento che la realizzazione e l’impianto decorativo nel suo insieme furono eseguiti nel giro di pochi anni senza particolari interventi successivi. Il progetto porta la firma dell’architetto portoghese Emanuele Rodriguez dos Santos, coadiuvato forse da Giuseppe Sardi, autore a Roma della chiesa rococò di Santa Maria Maddalena. Alla fine dell’Ottocento, per il numero ridotto di padri trinitari, il convento fu trasformato nel “Collegio per le missioni dell’Estremo Oriente” dei domenicani spagnoli, cha da quel momento ne divennero i proprietari.
La facciata della chiesa ha una struttura concava, con due ordini di colonne e lesene divisi da un elaborato cornicione. La sua decorazione ricorda l’appartenenza della chiesa all’ordine trinitario: le statue di Giovanni de Matha e di Felice di Valois (co-fondatore dell’ordine), il gruppo in stucco eseguito da Pietro Pacilli e posto sul timpano del portale esterno, con un angelo che libera uno schiavo cristiano e uno musulmano legati ai polsi da una catena di ferro, le teste di cervo con la croce trinitaria blu e rossa tra le corna. Su tutto domina lo stemma del re spagnolo Filippo V, che campeggia al centro del cornicione che delimita l’attico.
L’interno, preceduto da un vestibolo, è a pianta ellittica con volta ovale e tre cappelle per lato. Come nel caso della facciata, i soggetti delle opere pittoriche commissionate dai padri trinitari ripetono i temi iconografici dell’ordine, per esempio l’affresco di Gregorio Guglielmi nell’ovale centrale della volta, con San Giovanni de Matha presentato alla Madonna, la pala per l’altare maggiore di Corrado Giaquinto, uno degli artisti più acclamati del suo tempo, con la Trinità che assiste alla liberazione di uno schiavo, il martirio di Sant’Agnese e quello di Santa Caterina d’Alessandria (entrambe patrone dell’ordine). Un cospicuo numero di dipinti è poi opera di Andrea Casali. Il gusto tardo barocco per l’effimero emerge nell’abbondanza di stucchi e nel trionfo del finto marmo di tutti i tipi e colori, che sostituisce quello vero ovunque tranne che nel pavimento e negli altari.
Foto redazione Turismo Roma
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