La Galleria Russo inaugura dal 21 febbraio prossimo Ninfa e Musa. Un secolo del femminile nell’arte, dedicato alle diverse interpretazioni della figura femminile in alcuni grandi maestri dell’Ottocento e del Novecento.
La mostra curata da Daniela Fonti, storica dell’arte e autore del catalogo di Gino Severini, responsabile scientifico con Francesco Tetro dell'Archivio dell'Opera di Duilio Cambellotti e presidente della Fondazione Carlo Levi, presenta un’importante selezione di 55 opere - tra disegni, pitture e sculture - e propone una visione complessa e sfaccettata del rapporto tra Arte e Donna, non solo come soggetto di rappresentazione, ma in qualità di protagonista di una nuova scena sociale e culturale in continua evoluzione.
Il percorso espositivo si apre con John Singer Sargent e la sua Princess de Beaumont realizzata nel 1884. Così come Antonio Mancini, con Figura Femminile (1890-1900), porta l'osservatore a una rivisitazione dell'intimità e della psicologia della donna, catturandone la bellezza in un momento sospeso.
Si prosegue con la Cariatide di Amedeo Modigliani, parte di un ciclo realizzato tra il 1910 e il 1914, che traduce la sua ansia di essenzialità nella ricerca classica. Accanto a questa, il Ritratto di bambina (1911) di Umberto Boccioni che, con lo sfolgorante cromatismo, il dinamismo e la sua attenzione alla psicologia del soggetto, anticipa le novità del Futurismo. Giacomo Balla con i due studi dal titolo La Pazza (1904) esplora aspetti inconsueti della follia, disegnando particolari dell’abbigliamento o della postura instabile e disarticolata della giovane ritratta, mentre con La Figlia del Sole (1933) orienta in senso contemporaneo la rappresentazione della donna facendo riferimento alle tecniche popolari della fotografia e del cinema e al mondo glamour dei rotocalchi.
Altra opera fondamentale è quella di Giorgio de Chirico Bagnanti sopra una spiaggia (1934) in cui, tra sogno e realtà, vengono rappresentate figure femminili (con un occhio da Tiziano a Ingres), in un contesto sospeso tra realtà metafisica e quotidiano.
A questa visione enigmatica si aggiungono la Donna Dormiente (1933) e i Due Nudi (1947-1948) di Carlo Levi, lavori in cui il colore dà forma e pienezza alle figure con pennellate che ne esaltano la sensualità. Le due tempere di Gino Severini Danseuse dans la lumière (étude de mouvement) (1913) e Danseuse abstraite (1958), esemplificano nel linguaggio futurista e in quello neocubista la centralità del tema della danza nella sua ricerca artistica.
Tra il 1889 e il 1913 il modello femminile viene espresso in modo innovativo attraverso il linguaggio dell’art nouveau, che trova in Italia, in Duilio Cambellotti, un suo convinto esponente. La sua ricerca, aperta all'Europa, si realizza in progetti grafici, cartelloni pubblicitari e disegni per vetrate policrome istoriate che creano una nuova estetica per la casa borghese del neonato Stato unitario.
Henri Matisse, con Nu debout (1908-1909), fa del nudo femminile, con il suo inconfondibile tratto, il centro del suo insegnamento artistico durante i corsi che si tengono all’Accademia Internazionale di Parigi, esplorando forme che rendono il corpo della donna espressione di purezza e libertà. La forma sintetica viene analizzata anche da Adolfo Wildt con l’opera Pianto sulla porta chiusa del 1919, un disegno dalla preziosa tecnica, che l’artista dona a Margherita Sarfatti, sua grande sostenitrice. La nota critica e scrittrice, è inoltre la protagonista dell’opera di Mario Sironi del 1916-1917: un particolare pastello e tempera in cui l’artista riesce a cogliere la natura psicologica del soggetto, evidenziando la complessità del suo ruolo nel panorama culturale e sociale del periodo. L'emergere di queste diverse modalità di rappresentazione delle figure femminili si riscontrano nelle opere, in esposizione alla Galleria Russo, di André Derain, Achille Funi, Antonio Donghi, Carlo Socrate, Scipione, Carlo Levi, Fausto Pirandello.
Derain, in particolare, con i suoi Nu debout, realizzati negli anni Trenta, propone una visione che esalta le potenzialità espressive del corpo della donna. La ricerca sul nudo viene elaborata da Felice Casorati con Nudo di Schiena (1921-1922) e da Arturo Martini con la scultura de La Pisana (1928-1930), due immagini di astratta purezza allusive a un Eden considerato perduto. Importanti le sculture di Giacomo Manzù in esposizione: Testa di Inge (1947) e Modella seduta (1959), insieme alla surreale Danzatrice (1956) di Mirko Balsaldella.
A suggello della narrazione del percorso espositivo la testimonianza onirica e ironica di Alberto Savinio, di cui viene esposta Nascita di venere (1950), un’opera che propone la sua particolare visione della donna come ibrido generato dall’incontro tra mondo animale e mondo mitologico.
Informazioni
Da venerdì 21 febbraio a giovedì 13 marzo 2025
Da martedì a sabato dalle ore 10.00 alle ore 19.30
Il lunedì dalle ore 16.30 alle ore 19.30