Boston marriage

La pièce Boston marriage al Teatro India di David Mamet ci porta in un salotto negli Stati Uniti di fine Ottocento, nel quale troviamo due dame che conversano: Anna - la protagonista e padrona di casa - la quale dopo la separazione dal marito ha trovato un uomo ricco che la mantiene – che vorrebbe approfittare della protezione del suo amante per riprendere con sé Claire, appena arrivata in visita. Ma, da quella che sembra una trama convenzionale con un incontro formale tra due amiche, si sviluppa invece un intreccio ben diverso; presto infatti, nella conversazione dal vocabolario ricercato e quasi pomposo, si susseguono volgarità e si viene a sapere che le due dame in realtà un tempo costituivano una coppia.

L’espressione Boston Marriage infatti, era in uso nel New England tra il XIX e il XX secolo per alludere a una convivenza tra donne economicamente indipendenti da uomini. A questo proposito Viene subito in mente il romanzo The Bostonians di Henry James del 1886, nel quale l’autore ci restituisce l’affresco di una società a metà tra valori ormai legati al passato e nuove idee progressiste, con attenzione specifica alla condizione femminile.

Così, tra colpi di scena che coinvolgono anche la giovane cameriera, l’opera teatrale procede con ritmi ben studiati dall’autore, dandole una facciata esilarante, quasi di farsa.

Autore tra i più importanti della scena americana – premio Pulitzer del 1984 e più volte nominato agli Oscar per le sceneggiature cinematografiche di alcuni film – David Mamet ha creato un’opera che ricorda i lavori di Tennessee Williams e soprattutto, le commedie di Oscar Wilde. Mamet infatti pone al centro della pièce il linguaggio raffinato, ma anche il non-detto, l’allusione, la stravaganza, il paradosso.

Con Maria Paiato, Mariangela Granelli, Ludovica D’Auria; regia di Giorgio Sangati.

Foto: Serena Pea