Installazione site-specific e permanente di Eugenio Tibaldi a cura di Marcello Smarrelli visibile anche dall’esterno del carcere
L'installazione entra a far parte del patrimonio della Casa Circondariale Femminile di Rebibbia “Germana Stefanini”, visibile anche dall’esterno a partire dall’11 dicembre 2025.
Il progetto, che si inserisce nel solco delle numerose iniziative promosse dalle due fondazioni per portare l’arte contemporanea all’interno degli istituti penitenziari, è realizzato in collaborazione con Intesa Sanpaolo e gode del patrocinio del Dicastero per la Cultura e l’Educazione della Santa Sede e del Ministero della Giustizia.
BENU prende il nome da una creatura mitologica, un volatile dai colori sgargianti, sacro agli antichi egizi e consacrato al dio Ra, simbolo di nascita e rigenerazione, in seguito assimilato alla fenice e assunto dai cristiani quale emblema di rinascita e resurrezione.Nell’interpretazione di Tibaldi, questa figura mitologica si trasforma in un messaggio di speranza e trasformazione, dedicato alle donne detenute per invitarle a superare i confini, fisici e simbolici, della reclusione.L’opera è il frutto di un lungo e articolato percorso creativo partecipativo, iniziato nel settembre 2024 con le prime visite dell’artista al carcere, gli incontri preparatori con gli operatori e la definizione concettuale del progetto. Nei mesi successivi, Tibaldi ha condotto laboratori creativi con le detenute, incentrati sul disegno come linguaggio universale capace di esprimere emozioni e abbattere barriere linguistiche e sociali.
Dai laboratori sono nate due fenici riprodotte in altrettante sculture luminose (innalzate su aste di oltre otto metri), poste all’interno del perimetro carcerario,collocate in modo strategico affinché siano visibili dalle finestre delle stanze di pernottamento delle detenute, dagli uffici del personale dell’istituto e dall’esterno del carcere.Le opere non si illuminano in modo passivo: hanno bisogno della forza attiva delle donne detenute per risplendere nella notte. Durante i sopralluoghi preliminari è emersa infatti l’esigenza di avere a disposizione degli attrezzi con cui allenarsi; da qui l’idea di installare cyclette collegate a generatori e accumulatori di energia. Grazie al lavoro fisico di chi decide di usare le cyclette viene prodotta e accumulata l’energia che accende le fenici, collegandone la visibilità all’esperienza quotidiana e alla volontà delle detenute.Le due fenici incarnano temi ricorrenti nei dialoghi con le partecipanti: la ricerca di libertà, la forza della trasformazione, il potere dell’autoguarigione, la possibilità di rinascere. Diventano così figure simboliche, nuovi miti con cui identificarsi, immagini di speranza e motori motivazionali in un percorso di crescita e cambiamento.Essendo visibili anche dall’esterno, le due sculture luminose inviano un segnale tangibile di vita, creando un ponte ideale con gli abitanti del quartiere e con i frequentatori delle aree circostanti l’istituto.
Il progetto è promosso e organizzato dalle Fondazione Severino e Fondazione Pastificio Cerere in collaborazione con Intesa Sanpaolo, con il patrocinio del Dicastero per la Cultura e l'Educazione della Santa Sede e del Ministero della Giustizia
Informazioni
sempre visibile dall'esterno
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