La Coffee House di Palazzo Colonna corrisponde al padiglione sud orientale del perimetro che circonda la dimora.
Questa costruzione è una delle ultime iniziative di qualificazione architettonica del lato meridionale del complesso, (quello più rappresentativo che comprende anche la grande Galleria), e venne realizzata tra il 1730 ed il 1733, per iniziativa del Connestabile Fabrizio IV, oltre settant’anni dopo l’inizio dei lavori promossi dal Cardinale Girolamo I attorno alla metà del Seicento.
Dal punto di vista artistico, il Rococò romano che caratterizza il padiglione è uno dei più riusciti esempi di questo stile, non così diffuso nell’Urbe dove, predomina il Barocco. Soprattutto l’interno della Coffe House costituisce un miracolo di armonia.
L’autore Nicola Michetti, seppe vivacizzare lo stile piuttosto solenne dell’architettura romana con molte idee tratte dalla scenografia teatrale soprattutto quella di Francesco Galli Bibiena e, in particolare, la cosiddetta “scena per angolo” dove l’uso di piani obliqui (adottati alternativamente negli spigoli dell’ottagono della Coffee House) serve a dare l’impressione che lo spazio sia molto più vasto del naturale. Inoltre, con squisito gusto archeologico, Michetti adattò all’ambiente anche i rilievi antichi che si ammirano murati nelle pareti e che risalgono in maggioranza alla fase più raffinata dell’arte romana, il periodo tra i regni di Augusto ed Adriano.
In seguito vennero anche collocati i due satiri che fiancheggiano l’ingresso alla terrazza di raccordo con la grande Galleria. La decorazione del soffitto si deve a Francesco Mancini (1705-1758) e rappresenta la complessa, romantica vicenda del mito di Psiche (lo stesso tema cui si ispira la decorazione raffaellesca nella Loggia di Psiche alla Farnesina) nella scena culminante e trionfale, l’apoteosi di Psiche. Il pittore, membro dell’Accademia di San Luca, fu allievo, a Bologna, di Carlo Cignani e da lui ricevette il dono di evocare la dolcezza dell’arte di Guido Reni.
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