“Tutte le strade portano a Roma”, si dice, e il pensiero va alle grandi strade consolari che si irradiavano in tutte le regioni della nostra penisola, fino a raggiungere le lontane province dell’Impero. Nel cuore della città, esiste però un dedalo di vie e vicoli che raccontano una pagina diversa della storia millenaria di Roma, strade “parlanti” dai nomi evocativi che tramandano ancora oggi il ricordo degli artigiani e dei venditori che avevano lì le loro botteghe.
Ve ne proponiamo sette, in ordine alfabetico, per scoprire insieme a noi la loro origine, i loro segreti e le loro curiosità.
#1 Via dei Balestrari, da piazza Campo de’ Fiori a piazza della Quercia - già citata nel XV secolo, prende il nome dall’importante corporazione dei fabbricanti e venditori di balestre, al servizio della “Felice società dei balestrieri e dei pavesati”, la milizia cittadina composta da 3.000 uomini reclutati nei rioni storici della città. La balestra era un’arma da lancio tra le più devastanti in battaglia, in grado di forare le armature dei cavalieri: quando fu soppiantata dalle armi da fuoco, molti balestrieri si riconvertirono in archibugieri ma la via non cambiò nome. All'altezza del civico 2, si incontra la lapide più antica di Roma, datata 1483, in cui si ricorda la bonifica del luogo ordinata da Sisto IV. Fu in fondo a questa via che il 16 febbraio del 1600 fu bruciato vivo per eresia il frate domenicano Giordano Bruno, la cui statua occupa da fine Ottocento il centro di piazza Campo de’ Fiori.
#2 Via dei Baullari, da Corso Vittorio Emanuele II a piazza Farnese - di origine medievale, la via ha avuto nel corso dei secoli nomi diversi – “via dei Valigiari”, “via de’ Ferravecchi” e “via della Marna”, in ricordo della battaglia decisiva per le sorti della Prima guerra mondiale – per poi riprendere l’attuale denominazione, dovuta alla concentrazione di botteghe dei fabbricanti di bauli e valigie. All’inizio stretta e sterrata, la via fu ampliata nel 1517 dal cardinale Alessandro Farnese, divenuto poi papa con il nome di Paolo III, per arrivare più comodamente alla sua residenza in piazza Farnese. In occasione dei lavori di apertura di Corso Vittorio Emanuele II, la via fu abbassata di quasi un metro: per questo motivo nel 1904 fu ricostruita la facciata del palazzetto che dalla via prende il nome, la Piccola Farnesina ai Baullari, oggi sede del Museo Barracco.
#3 Via dei Chiavari, da Largo dei Chiavari a via dei Giubbonari - la via delimita il confine, oltre che tra i Rioni Parione e Ponte, anche tra la scena e il quadriportico dell’antico Teatro di Pompeo, il primo teatro in muratura di Roma. Il suo nome deriva dalle botteghe di fabbri specializzati nella realizzazione di serrature e chiavi, che si stabilirono in questa zona sicuramente prima del 1748, dopo aver abbandonato la via Agonale, rimanendovi in parte fino alla Prima guerra mondiale. Nel Cinquecento, i mastri chiavari erano guardati con un certo sospetto: abili nell’aprire serrature e nel contraffare chiavi di ogni tipo, erano infatti accusati di essere complici di ladri e scassinatori. Sulla strada, dove si aprono alcuni portoni dalle linee architettoniche rinascimentali e barocche, un’iscrizione del 1730 ricorda che sarebbe stata inflitta una multa salata a chi avesse sporcato le strade gettando immondizia.
#4 Via dei Coronari, da piazza di Tor Sanguigna a piazza dei Coronari - fino a poco tempo fa la strada degli antiquari romani, fu aperta da Sisto IV della Rovere e fu il primo asse viario rettilineo nell’intrico di vicoli della città medioevale. Nel Rinascimento era divisa in due tratti, uno chiamato “Scorticlaria”, perché vi si trovavano i cuoiai o conciapelli, e l’altro “Immagine di Ponte”, dall’edicola sacra posta in un angolo, realizzata da Antonio da Sangallo il Giovane. La strada era affollata dai pellegrini che passavano di qui per raggiungere San Pietro: qui si concentrarono quindi anche le botteghe dei “paternostari” o “coronari”, cioè i venditori di oggetti sacri e in particolare delle corone del rosario. Nella via si aprono molte case rinascimentali, fra cui la cosiddetta “casa di Raffaello” e la casa di Fiammetta Michaelis, amante di Cesare Borgia, sepolta nella vicina chiesa di Sant’Agostino.
#5 Via dei Fornari, da piazza della Madonna di Loreto a via Quattro Novembre - situata tra Palazzo Valentini e il retro del Palazzo delle Generali, era una delle poche strade pedonali della Roma rinascimentale. Il transito era infatti proibito alle carrozze per non disturbare i pazienti dell’ospedale fatto costruire, insieme alla Chiesa di Santa Maria di Loreto, dall’Università dei Fornari nel 1507. Come loro sede, i fornari avevano scelto proprio il luogo dove Traiano nell’antica Roma aveva costruito il Foro Pistorio, ovvero il mercato del pane. Le trasformazioni urbanistiche che interessarono la zona dopo l’unità d’Italia hanno modificato in gran parte l’aspetto della via. Durante i lavori, fu distrutta anche la casa che ospitò fino alla morte Michelangelo Buonarroti, ricordato in una targa posta nell’angolo più appartato di piazza Venezia, vicino ai ruderi del Foro di Traiano: “Qui era la casa consacrata dalla dimora e dalla morte del divino Michelangelo. SPQR 1871”.
#6 Via dei Funari, da piazza Mattei a piazza Campitelli - la stradina prende il nome dai fabbricanti e torcitori di funi che si erano stabiliti qui utilizzando come botteghe i resti dell’antico Circo Flaminio o della Crypta Balbi. Nella via si trova la Chiesa di Santa Caterina de’ Funari, realizzata sulla medioevale “Santa Maria de Dominae Rosae in castro aureo” (“castrum aureum” è il Circo Flaminio). Nel 1534 la chiesa fu concessa da Paolo III a Sant’Ignazio di Loyola, che vi realizzò anche un ricovero per orfane. Il 25 novembre, nel giorno di Santa Caterina, le ragazze sfilavano in processione verso la Basilica dei Santi XII Apostoli per essere scelte dai futuri mariti. I resti del corredo di stoviglie di cui ciascuna ragazza disponeva, con il proprio nome inciso sotto i piatti, sono tra i reperti conservati nel Museo Nazionale Romano - Crypta Balbi.
#7 Via de’ Giubbonari, da piazza Benedetto Cairoli a piazza Campo de’ Fiori - fino al medioevo era chiamata via Pelamantelli, per l’attività svolta dagli artigiani che preparavano tessuti di lana e stoffa grezza. La via prese il nome odierno per i fabbricanti di “gipponi”, ovvero corpetti e busti, chiamati appunto gipponari, dal latino “jupponarii”, termine che nel tempo si è trasformato in giubbonari. Lungo la via si trova Palazzo Barberini ai Giubbonari, la cosiddetta “Casa Grande dei Barberini”, iniziata da Francesco Barberini nel 1581 e arricchita negli anni seguenti dal nipote Maffeo. Quando però Maffeo divenne Papa con il nome di Urbano VIII, la famiglia si trasferì nel maestoso palazzo a via Quattro Fontane. In uno dei palazzi della via visse da giovane il Cavalier D’Arpino, autore tra l’altro degli splendidi affreschi della Sala degli Orazi e Curiazi nei Musei Capitolini. Una lapide al civico 64 ricorda invece un episodio avvenuto nel 1851: passando in carrozza per la via, papa Pio IX notò un sacerdote che portava il viatico a un moribondo. Fatta fermare la carrozza, si unì a lui tra lo stupore della gente.