La stagione lirica 2019-2020 di Roma annovera, tra le tante novità in calendario, una “Turandot” davvero speciale: il Teatro dell’Opera, con il suo sovrintendente Carlo Fuortes, affida infatti una delle opere più amate dal pubblico a una grande star dell’arte contemporanea cinese, Ai Weiwei, che dirigerà e progetterà scene e costumi rileggendo la Cina immaginata da due europei, il commediografo Gaspare Gozzi nel 1700 e il compositore Giacomo Puccini agli albori del XX secolo.
Esploso a livello mondiale nel 2012, pittore e scultore, ma anche designer, architetto, fotografo e soprattutto intellettuale dissidente, in aperto contrasto con il governo di Pechino, Ai Weiwei è un moderno “uomo del Rinascimento”, capace di passare con facilità sorprendente da un medium espressivo all’altro. Semplici oggetti e manufatti diventano così metafore delle inquietudini umane e delle crisi della contemporaneità, espressioni di un’arte sociale e politica a favore della libertà di espressione e dei diritti umani.
Anche nella "Turandot" non mancheranno riferimenti alla stretta attualità, in particolare all’aggravarsi della crisi politica di Hong Kong. Ai Weiwei, che ha confessato di non conoscere la musica, ha raccontato ai giornali di aver deciso di cimentarsi con un genere per lui inconsueto in virtù del legame speciale che lo lega all’opera: da artista squattrinato lavorò infatti come comparsa in una Turandot con la regia di Franco Zeffirelli al Metropolitan di New York.
Foto: aiweiwei.com
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